venerdì 9 maggio 2025
Il priore generale, padre Alejandro Moral Antòn: siamo stati studenti insieme, i suoi libri sono ancora nella casa generalizia. «Era commosso, martedì l'abbiamo abbracciato prima del Conclave»
Il priore superiore degli agostiniani, padre Alejandro Moral Antòn

Il priore superiore degli agostiniani, padre Alejandro Moral Antòn - Gambassi

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La telefonata di Leone XIV è arrivata giovedì sera, a poche ore della sua elezione al soglio pontificio. «Un saluto affettuoso e commosso. E da Papa», racconta ad Avvenire il priore generale degli agostiniani, padre Alejandro Moral Antón. Ai confratelli che vivono nella casa generalizia appena dietro il colonnato di piazza San Pietro che il nuovo Pontefice ha contribuito ad ampliare quando era priore generale, in cui ogni giorno andava per celebrare la Messa del mattino e a pranzare dopo essere diventato prefetto del Dicastero per i vescovi, dove «nel nostro campetto abbiamo anche giocato a tennis insieme», sorride padre Moral. È il successore di Robert Francis Prevost alla guida dell’Ordine degli agostiniani di cui il religioso spagnolo è priore generale dal 2013. E suo amico di lunga data. «Dai primi anni Ottanta quando ci siamo trovati studenti fianco a fianco», spiega. Nel suo studio mostra una serie di libri e appunti custoditi fra i piani della libreria accanto alla scrivania. «Sono del cardinale Prevost: li ha sempre lasciati qui», afferma padre Moral. Si sono salutati martedì, il giorno prima che iniziasse il Conclave. Con lui e con tutta la comunità che abita nel complesso di via Paolo VI. «È venuto a pranzo come al solito. Alla fine ho fatto una preghiera prendendo spunto dal Discorso 267 di sant’Agostino. E ho detto: “Vieni Spirito Creatore visita il nostro confratello cardinale Roberto che partecipa al prossimo Conclave. Riempi della tua grazia il suo cuore. E, luce dell’eterna sapienza, rivela al nostro confratello Roberto il grande mistero di Dio Padre e Figlio uniti in un solo amore”. Poi ho concluso con la frase di Agostino: “Se dunque volete vivere dello Spirito Santo, conservate la carità, amate la verità, desiderate l’unità”. Lo abbiamo abbracciato. E tutti insieme abbiamo preso il caffè ».

Padre, adesso si ritrova Prevost Papa. Lei è legato a Leone XIV da una profonda amicizia.

Iniziata, appunto, da studenti qui in Italia. Poi lui è andato in Perù e quindi è stato eletto provinciale di Chicago. Ci siamo ritrovati a Roma nel 2001 per il Capitolo generale. Io ero provinciale della Provincia di Spagna. Amici l’uno dell’altro. Ed entrambi candidati a diventare priore generale.Che cosa è successo?Dopo una certa votazione, lui aveva alcuni voti più di me. Allora ritenendo che dovesse prevalere l’unità dell’Ordine, ho chiesto di far confluire i consensi su di lui. Avevamo bisogno di un priore generale forte. Ritengo che sia stata un’elezione guidata dallo Spirito Santo. Perché padre Prevost ha fatto davvero bene nei suoi dodici anni di guida, dal 2001 al 2013. Ed è stato lui che mi ha voluto vicario generale. Mi ha dato fiducia: ne sono onorato. E fra gli incarichi che mi ha affidato c’è stato anche quello di procuratore dell’Ordine che tra l’altro sostituisce il generale nei rapporti con la Santa Sede.

Come descrive il nuovo Papa?

È una persona molto equilibrata e veramente vicina a tutti. Vede, osserva, ascolta, prende le decisioni quando è necessario. Lo definirei un uomo gioioso e di una profonda fede. I dodici anni al suo fianco sono stati segnati dal dialogo e da una profonda collaborazione per il bene dell’Ordine.Il Papa era commosso quando si è affacciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro dopo l’elezione.Conosco bene ogni suo gesto e ogni sua espressione del volto. Sì, era emozionato trovandosi di fronte decine di migliaia di persone che lo attendevano e lo acclamavano, nonostante avesse percorso la piazza molte volte. Questo dice la purezza dei suoi sentimenti e l’amore che sentiva di aver ricevuto. Ed è un bene che fosse a un passo dalle lacrime.

Che cosa le dice il nome Leone XIV?

Naturalmente rimanda a Leone XIII. È stato un grande Papa che ha attraversato un quarto di secolo difficilissimo, dove la questione sociale e le violenze si sono imposte anche nell’agenda pontificia. Ma non va dimenticato che Vincenzo Gioacchino Pecci è stato anche un Papa molto vicino a noi agostiniani. Mi piace che si inserisca sulla sua scia. Il nuovo Pontefice ha ripetuto la parola “pace” nove volte nel suo saluto dopo l’elezione e ha detto a tutti di creare ponti di comunione. Sono sicuro che lo farà anche dentro la Chiesa: occorre evitare le divisioni, scongiurando fughe in avanti o tirate di freno.

Quale sarà l’impronta agostiniana del suo pontificato?

Si servirà molto dei testi di sant’Agostino, soprattutto su tre temi: la pace, i poveri e la verità. Dimensioni a lui molto care. Le parole di Agostino pronunciate giovedì, “siamo pellegrini verso una patria vera”, costituiscono il suo programma per i prossimi anni. C’è bisogno di impegnarsi insieme per costruire la pace e un mondo più fraterno. L’egoismo è un grande male: nella Chiesa, nella famiglia, nella società.

Quale rapporto con papa Bergoglio?

Posso testimoniare che Francesco ha amato l’attuale Papa. Ricordo che in un’udienza con me, poco dopo la nomina di Prevost a prefetto del Dicastero per i vescovi, mi aveva domandato: “Pensi che farà bene?”. E io: “Sono sicuro che farà bene”. E subito Francesco mi aveva risposto: “Anche io. Per questo l’ho scelto…”. Papa Bergoglio era un religioso e ha sempre avuto un grande rispetto per i superiori generali degli Ordini.Con Francesco un Papa gesuita; con Leone XIV un Papa agostiniano.È un momento della storia che chiama in causa le famiglie religiose, impegnate tra l’altro accanto ai poveri del sud del mondo, dall’Africa all’America Latina, ma anche dell’Asia. Il Signore chiede una Chiesa che vada avanti, nonostante ci siano gruppi che pretendano illogiche retromarce. Spero che papa Leone contribuisca a far progredire la comunità ecclesiale come ha fatto Francesco.Benedetto XVI amava e studiava Agostino.

Papa Leone può essere un trait d’union fra papa Ratzinger e Francesco?

Sono sicuro che il nuovo Pontefice si affiderà alle intuizioni del nostro fondatore per dialogare con il mondo e per presentare il suo pensiero, come ha fatto Benedetto XVI. D’altro canto, ha già richiamato l’urgenza di essere una Chiesa missionaria alla stregua di Francesco.

Lo aiuterà il fatto di essere stato missionario?

Molto. L’esperienza missionaria apre lo sguardo sull’umanità ferita; ma anche il suo incarico di generale dell’Ordine lo ha portato a visitare molti Paesi e a incontrare popoli di lingue, tradizioni, culture differenti. Al centro ha sempre messo l’annuncio del Vangelo. E ripete: ho annunciato Cristo a Chicago, in Perù, a Roma. Siamo chiamati a mostrare il Signore al mondo. Non perché siamo migliori ma perché la fede è un immenso dono da condividere con gioia.

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