lunedì 16 aprile 2018
La Corte che ha esaminato nuovamente il caso di Alfie Evans ha respinto il disperato ricorso dei genitori. Ora per il bimbo gravemente malato pare quasi finita. Estremo appello alla Corte suprema.
Alfie: i giudici di Londra respingono l'appello, ricorso alla Corte suprema
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Spunta un’estrema chance per i genitori di Alfie: dal collegio di difesa filtra infatti la notizia che ci sarebbe tempo fino a martedì 17 alle 16 per un ultimo ricorso contro il verdetto col quale i giudici hanno respinto il loro nuovo appello. Intanto Thomas, il papà, ha postato su Facebook un amaro sfogo contro gli argomenti surreali con i quali la giustizia inglese ha chiuso le orecchie e il cuore alla loro voce: «Trasferire nostro figlio che è stabile potrebbe essere un rischio? Ma rimuovere il suo supporto e lasciarlo soffocare e morire non lo è? Dov'è la logica in questo? Dicono di guardare in faccia la realtà! Ci sto vivendo da 15 mesi. Io e Kate accettiamo che nostro figlio sta per morire ma quando non lo sappiamo, perciò è solo la nostra responsabilità di lasciarlo sopravvivere il resto con più dignità e amore e rivolta possibile ? Non è finita!». Una promessa che, conoscendolo, difficilmente resterà solo sul web.

Non ci si può nascondere però che l’ostacolo delle sentenze (con quella di lunedì 16 aprile siamo a quota cinque, tutte per la morte di Alfie) sia diventato ormai insormontabile. Alle 16.22 la Corte di Londra ha emesso il tragico verdetto: appello respinto. Dopo quattro ore di discussione serrata e drammatica, il ricorso dei genitori per fermare il distacco delle macchine che alimentano e fanno respirare Alfie è stato rigettato. Una decisione che spegne ogni speranza per il trasferimento del piccolo al Bambino Gesù di Roma, dove lo attendono a braccia aperte. Un'attesa che però resterà quasi certamente delusa, anche se papà Thomas e mamma Kate hanno mostrato in questi giorni di non arrendersi mai. Il verdetto - che di fatto condanna il bambino a morire per mano dei medici che hanno tentato vanamente di curarlo e dei giudici che dovrebbero tutelare i cittadini più indifesi - dovrebbe includere anche una data, un'ora e un luogo per attuare la decisione di la morte di Alfie, ma alcune fonti parlando di un possibile rinvio degli atti al giudice di secondo grado che aveva stabilito il primo appuntamento con il distacco della spina. In ogni caso, si tratterebbe di una dilazione di pochi giorni, secondo indiscrezioni che filtrano da Liverpool comunque non oltre il fine settimana.

Da Londra Lunedì è arrivato il sacerdote italiano don Gabriele Brusco, per somministrare al piccolo l'unzione degli infermi.

Era iniziata alle 11.30 l'udienza finale sul caso di Alfie Evans, il bambino inglese di 23 mesi affetto da una grave malattia ancora non diagnosticata, sul quale sono già state formulate quattro sentenze favorevoli a non proseguire oltre i trattamenti terapeutici staccando anche i supporti vitali e dunque causandone la morte prematura.

Nel confronto in aula tra i giudici, il legale della famiglia Evans, il custode giudiziario del bambino (figura del diritto anglosassone che dovrebbe tutelarne gli interessi in modo indipendente) e gli avvocati dell'Alder Hey Childern's Hospital di Livepool dove è ricoverato si era sostanzialmente assistito ai numerosi tentativi dell'avvocato Diamond, che difende i genitori di Alfie, di dimostrare che il bambino non può essere sequestrato dallo Stato e che la famiglia ha diritto di portarlo dove crede possa essere curato meglio, fosse pure per accompagnarlo semplicemente fino alla morte naturale. I giudici erano però subito sembrati impermeabili a tutti i ragionamenti, ribattendo colpo su colpo, come se avessero già deciso di non rivedere le sentenze precedenti. L'avvocato dell'ospedale era peraltro incorso in una topica giuridica sostenendo che lasciar andare Alfie al Bambino Gesù di Roma sarebbe una violazione della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia, che però la Gran Bretagna non ha ratificato.

Ai giudici il legale della famiglia Evans chiedeva di rilasciare l'autorizzazione per poter portare il figlio all'ospedale Bambino Gesù di Roma che, in un'intervista pubblicata da Avvenire sabato 14, aveva confermato tramite la sua presidente Mariella Enoc la disponibilità ad accogliere il piccolo in ogni momento per arrivare a una diagnosi e quantomeno accompagnarlo sino alla fine naturale causata da una malattia neurodegenerativa che, sebbene ancora misteriosa, appare letale nella sua progressione.

Al termine del Regina Coeli di domenica 15 il Papa era tornato sul suo caso, citando anche il caso del paziente vegetativo francese Vincent Lambert, al quale l'ospedale di Reims dov'è ricoverato ha annunciato di voler staccare nutrizione e idratazione assistite non ritenendolo più in grado di migliorare. Francesco ha affidato entrambi alla preghiera di tutti, così come altre persone in diversi Paesi che “vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari”. “Sono situazioni delicate – ha detto – molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l’apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita”. Il 4 aprile scorso il Papa in un tweet aveva chiesto di far

e “tutto il necessario per continuare ad accompagnare con compassione il piccolo Alfie Evans" e di ascoltare "la profonda sofferenza dei suoi genitori”.

Sempre domenica il presidente della Pontificia Accademia per la Vita monsignor Vincenzo Paglia aveva diffuso una nota: «La vicenda del piccolo Alfie Evans di Liverpool, dei suoi giovani genitori Tom e Kate e di tutte le persone che in questi lunghi e dolorosi mesi di malattia si sono adoperate a diverso titolo per il bene di questo bambino, in questi giorni si mostra in tutta la sua terribile tragicità - scrive Paglia -. Prego per lui e per le persone coinvolte, e invito tutti a unirsi con questa intenzione davanti al Signore della vita. Auspico fortemente che possa riaprirsi un dialogo e una collaborazione tra i genitori, comprensibilmente sconvolti dal dolore, e le autorità dell’ospedale presso cui Alfie è stato fino a oggi curato, perché insieme cerchino il bene integrale di Alfie e la cura della sua vita non sia ridotta a una controversia legale. Alfie non può essere abbandonato, Alfie deve essere amato e così i suoi genitori, fino in fondo».

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