sabato 18 agosto 2012
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È trascorso un anno dall’agosto del 2011, il mese della grande speculazione finanziaria, che fece implodere una crisi endemica, e avrebbe portato cambiamenti e rivolgimenti in Italia, in Europa, nelle nostre vite quotidiane. Molti i sommovimenti immediati, primo fra questi l’avvio di un logoramento governativo che, anche per motivi tutti italiani, si concluse a novembre con la guida decisa e prudente del presidente Napolitano. Poi, giù a pioggia, un flusso di eventi che non concedeva respiro, e che ci ha lasciato storditi e spaesati. Il ridimensionamento di aspettative e progetti accompagnato da tasse, restrizioni, revisione dello Stato sociale, la percezione che alcuni Paesi europei potessero cadere nel precipizio, che occorreva tagliare il presente per salvare il futuro... Di qui, l’uso di parole e concetti (quasi) ignoti al nostro lessico: guerra economica, rovina, fallimento dello Stato, angoscia per i propri figli. E, ancora; risorgenti e ambigui sentimenti nazionalistici facevano fare un tuffo nel passato, e paure ancestrali affioravano, si annidavano nella mente. Perfino l’ascolto dei notiziari è divenuto ansiogeno, a volte la sera si cambia programma per non cedere allo sconforto. Quindi, l’inizio di un esame di coscienza generale svoltosi in forme gridate sulla stampa, in maniera più intima e sincera, quasi sotterranea, nella coscienza di ciascuno.Un bilancio dei mutamenti non può farsi, perché della crisi non si conosce la fine, e alcuni di essi sono di difficile decifrazione, noi stessi non ne siamo del tutto consapevoli. Però una riflessione aiuta a capire. D’un tratto è crollata quella tendenza edonistica, esibita senza pudore né stile, che aveva umiliato l’Italia, protagonista di una storia nobile e mai volgare. Si è ricominciato a prendere coscienza che, senza un decoro etico minimo, la società non regge. Il gusto acre per il gossip tutto deviazioni e morbosità, è scemato; una certa aria pulita è entrata e ha rincuorato chi ha sempre vissuto con dignità. Aggiungiamo che valori etici basilari, diffusi dalla Chiesa, hanno riacquisito il sapore della verità, così come sono apparse nuovamente decisive le opere di sostegno ecclesiali, e di volontariato, per rispondere alle necessità dei nuovi poveri e bisognosi. S’è avviato un rimescolamento della gerarchia di valori sociali, incoraggiato da un Governo che sta tentando, con fatica e immaginabili impacci, per spazzar via vecchie incrostazioni e prassi insostenibili.Quasi tutti, oggi, ammettono che l’assistenzialismo spinto degli ultimi decenni premia chi ha meno bisogno e colpisce chi deve essere davvero aiutato. E così, magari accompagnata da un consenso rassegnato, non sempre sincero, si è registrata una contrazione del superfluo, si è avviato un ripensamento di stili di vita eccessivi, è cominciata la caduta delle pretese esose. Infine, sono deflagrate rozze mitologie di forze politiche che denunciavano i mali altrui, ma erano protagoniste di vicende meschine che d’un tratto hanno svuotato di senso ogni polemica anti-italiana. Non sappiamo quanto alla fine saremo cambiati davvero, ma si può pensare e certo c’è da augurarsi che alcune scelte di fondo resteranno, specie quelle legate alla cura della famiglia e dei giovani: un  tratto di solidarietà iscritto nel nostro Dna, che ha ripreso slancio e forza (e che dovrebbe suggerire a tutti scelte programmatiche e azioni politiche conseguenti). Frastornati da questo cumulo di rivolgimenti, stentiamo ad avvertire i problemi che restano aperti. Che riguardano soprattutto la classe politica la quale, nonostante la straordinaria maggioranza formatasi attorno al Governo Monti, sembra non cogliere a dovere le dimensioni della crisi, non è capace di rinnovarsi e nemmeno di mettere da parte antichi egoismi, stenta a produrre quella legge elettorale che resta la base per ripartire daccapo con le elezioni del 2013. Dentro alcuni partiti serpeggiano estremismi di linguaggio e di sostanza che inevitabilmente finiscono col favorire un’antipolitica composta da un singolare miscuglio di comicità e drammaticità. Anche il Governo ogni tanto predilige una lettura geometrica della politica, perde un po’ il senso dell’equilibrio, e quel tratto di umanesimo necessario per salvaguardare chi ha di meno e soffre di più.Un elemento però dà fiducia, il Paese ha saputo ritrovare alcune virtù dei momenti difficili, e se saprà esercitarle in una visione rinnovata della politica quando all’orizzonte si ripresenterà la normalità, potrà sperare di uscire dalla crisi riacquisendo il senso del bene comune, smarrito nell’epoca del capriccio e dell’egoismo.
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