Affermare se stessi per condannarsi all’anonimato? È il paradosso degli adolescenti, lacerati tra l’uscita dal bozzolo infantile e il richiamo potente del gruppo di coetanei che però sembra invitarli a un nuovo conformismo, un assemblaggio mimetico di parole d’ordine, gusti e consumi massificati (fino a farne un gruppo anagrafico globale sostanzialmente omogeneo) con i quali si nega nei fatti la ricerca anche contundente e rumorosa di uno stile tutto personale. Il risultato di questo travaso da una sicurezza a un’altra può essere una repentina disillusione, la precoce imitazione di modelli adulti, la noia e la tristezza con la quale si rischia di vivere un’età di prorompenti novità – l’affacciarsi al davanzale della vita che stordisce e affascina – come fosse un’inutile anticamera. Ma la società adulta – famiglia, scuola, la stessa Chiesa – sono capaci di dire credibilmente ai ragazzi che i loro sono proprio gli anni in cui la donna e l’uomo che sarà cominciano a intuire dov’è nascosta la sorgente della gioia, la mappa del tesoro, la direzione giusta nel labirinto della vita? Serve uno sguardo accogliente su ciascuno di loro, una relazione che gli permetta di fiorire. L’invito ad affrontare l’esistenza evitando di intrupparsi. Serve chi sappia decifrare messaggi nei quali spesso il genitore o il prof scorgono soltanto una sfida fine a se stessa. Ecco in quale scenario arriva
l’invito del Papa a un Giubileo interamente dedicato a loro, che nell’essenziale calendario romano dell’Anno Santo ha inevitabilmente un risalto tutto da interpretare. Gli adolescenti non vengono sospinti nella kermesse estiva della Giornata mondiale di Cracovia, come un’appendice dei giovani, ma considerati per quello che sono, chiamati per nome. Riconosciuti. «La vostra è un’età di incredibili cambiamenti – gli dice il Papa nel messaggio per preparare le giornate di Roma, dal 23 al 25 aprile, dandogli appuntamento –, in cui tutto sembra possibile e impossibile nello stesso tempo». Ecco la vertigine nella quale i ragazzi si sentono avvolti, e che va affrontata disponendosi a essere «coraggiosi e controcorrente», vivendo un «amore concreto e disinteressato», per «poter costruire un mondo più giusto e fraterno», a partire dalle «piccole cose». È il modo cristiano per «diventare grandi tanto nel fisico quanto nell’intimo», imparando a riconoscere la presenza di Dio in giorni di scoperte inesauribili. Sapendosi custoditi dentro un «Cuore Misericordioso ». Casa di «ogni dolcezza», e della scoperta di sé.