sabato 10 giugno 2017
Il dono del Papa, l’impegno stellare di Asi (e non solo)...
La stazione spaziale internazionale

La stazione spaziale internazionale

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Caro direttore,

i simboli sono molto importanti perché rappresentano la forma di comunicazione più primitiva e allo stesso tempo sofisticata: esprimono identità, individuale o collettiva, storia e tradizione, valori e sentimenti. Il pensiero simbolico è alla base della scrittura, del linguaggio e dell’arte. È sicuramente una delle qualità dell’uomo.

Ricevere dalle mani di papa Francesco il simbolo delle Scholas Occurrentes, un’organizzazione internazionale che promuove l’incontro e la pace attraverso l’istruzione, oltre a essere un onore, sottolinea l’importanza dello studio e della formazione per il progresso dell’umanità, e come tale verrà consegnato a Paolo Nespoli che a fine luglio lo porterà sulla Stazione spaziale internazionale.

Che il progresso dell’uomo e la pace vengano associati alle missioni spaziali non è un caso. La storia ce lo insegna. Il nostro astronauta infatti partirà dalla piattaforma di lancio 1/5 di Baikonur in Kazakistan, la stessa da dove partì il 12 aprile del 1961 il missile che portava Jurii Gagarin, primo uomo nello spazio. Quel missile era un Semyorka-R7, detto «il terrore dell’Occidente», una variante di un’arma balistica nata per distruggere le città americane e dell’Europa occidentale.

Ancora oggi i lanciatori Sojuz che portano in orbita i nostri astronauti derivano dai razzi balistici progettati per trasportare le armi nucleari sovietiche. Ed è qui che l’intelligenza e la volontà di uomini di scienza e di pace hanno potuto fare la differenza. Quella piattaforma di lancio è il simbolo di come sia cambiato lo spazio. È la dimostrazione di come la società umana può cambiare, e in meglio. I significati dell’impresa di Gagarin hanno infatti superato gli uomini e i simboli di quel frangente storico, dove la corsa allo spazio era un capitolo importante della Guerra Fredda, e le stelle il teatro d’avanguardia della proiezione politica di Usa e Urss. Una delle conseguenze positive e – certamente – non volute che abbiamo ereditato, è che da molti anni quella stessa piattaforma lancia astronauti di tutte le nazioni, americani compresi.

Quindi, la corsa allo spazio, iniziata con fini politici e militari, è diventata, attraverso le complicate evoluzioni della storia, un viaggio di uomini che cooperano insieme per studiare lo spazio e ciò che esso può dare all’umanità. L’esempio più evidente di questo cambiamento è la Stazione spaziale internazionale: l’avamposto dell’uomo nello spazio. Da 15 anni è la casa di astronauti provenienti da diverse nazioni, che sulla Terra sono spesso in competizione se non addirittura in una situazione di confronto, ma a 400 chilometri dalla terra, a una velocità di circa 28mila chilometri all’ora, collaborano per la riuscita delle loro missioni.

Nello spazio la collaborazione non solo non può mai mancare, ma è chiaramente il presupposto delle esplorazioni future. Se alla fine andremo su Marte – e di questo sono abbastanza sicuro, non conta se accadrà tra 25, 30 o 40 anni – ci andremo collaborando. Tutti, dagli americani ai russi, dagli europei ai cinesi, hanno capito che l’esplorazione spaziale, robotica e umana, non è affare che si possa trattare con risorse esclusivamente nazionali, pena il fallimento o, nella migliore delle ipotesi, costi insostenibili. I costi e i rischi delle missioni spaziali sono proibitivi se affrontati in solitudine, mentre i dividendi sono un vantaggio per tutta la grande famiglia umana. Un’ultima considerazione sul ruolo dell’Italia nello spazio, il luogo dove la globalizzazione viene declinata attraverso valori comuni irrinunciabili: valori scientifici, tecnologici, economici e, soprattutto, valori umanistici.

Lo spazio è infatti un sistema scientifico, industriale, strategico e culturale che non può mancare nella prospettiva di un grande Paese come l’Italia. Come accadde 600 anni fa con il Rinascimento italiano, oggi dobbiamo essere protagonisti del Rinascimento che viene dallo spazio. Si tratta di una sfida alla quale deve partecipare il meglio dell’Italia. Una opportunità per consegnare le chiavi del futuro alle prossime generazioni.

*Presidente Agenzia spaziale italiana

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