sabato 16 marzo 2013
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Giovedì sera 13 marzo ero in una parrocchia milanese, per una predicazione quaresimale su Santa Teresa del Bambino Gesù. Alla notizia del Papa latino-americano abbiamo applaudito tutti, pieni di gioia. Io, missionario, ero li chiamato dal parroco don Benvenuto, che è stato sacerdote fidei donum della diocesi ambrosiana in Zambia per dodici anni. Ci siamo capiti al volo.
Papa Francesco ha caratteristiche che piacciono ai missionari. Rappresenta il modello di pastorale e di vita cristiana delle missioni dove nasce la Chiesa, dove lo Spirito soffia forte e compie le meraviglie che leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi la maggioranza dei cattolici e dei cristiani vivono nel Sud del mondo. E l’America Latina, dopo 500 anni di virtuale evangelizzazione, con l’occupazione di tutto il territorio da parte di diocesi e parrocchie (all’inizio del Novecento nel Sud America le diocesi erano 140, oggi sono più di 600), da mezzo secolo sta vivendo il tempo del «primo annunzio» di Cristo. Il tempo delle missioni.
Lo Spirito Santo ha «preso» Jorge Mario Bergoglio «quasi alla fine del mondo» e l’ha mandato nel cuore della cristianità, tra le antiche Chiese d’Europa, quasi come una sfida al nostro modo di concepire la parrocchia, la pastorale e la vita cristiana. L’ultima volta che sono stato a Buenos Aires nel 1996, l’amico Walter Gardini, professore all’Università dei gesuiti e collaboratore del 'Clarin', mi raccontava che era stato con l’allora vescovo ausiliare, monsignor Bergoglio, a visitare una Villa miseria, una delle baraccopoli della capitale argentina.
Emigrato dall’Italia da non molto tempo, Gardini era ammirato della naturalezza con la quale il vescovo, che viveva in un casa comune e si muoveva con mezzi di trasporto comuni, avvicinava gli ultimi, entrava nelle baracche, si sedeva, si interessava dei loro problemi, parlava e mangiava con loro, portando la Parola di Dio e il conforto dell’Eucaristia, facendo intervenire la Caritas per i più poveri.
Al Conclave, i cardinali hanno scelto lui perché hanno voluto dare a tutti, e soprattutto a noi cristiani dell’Occidente che viviamo una grave crisi di fede e di vita cristiana, un forte segnale di novità, di rinnovamento, nel senso di avvicinarci al modello di Cristo e alla gente comune.​
​Nei suoi primi gesti dopo l’elezione a successore di Benedetto XVI, Papa Francesco rappresenta bene il mondo missionario in almeno tre aspetti. 1) La capacità di andare all’essenziale della fede, come avviene con il «primo annunzio» dove nasce la Chiesa. L’omelia nella sua prima Messa da Vescovo di Roma (il 14 marzo nella Cappella Sistina) è indicativa. Ha parlato a braccio in modo immediato, diretto, ai «fratelli cardinali» e ha certamente toccato il loro cuore di tutti noi: «Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce non siamo discepoli del Signore: siamo mondani: siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore!». 2) L’umiltà e la semplicità di atteggiamento e di vita e la vicinanza col popolo. Papa Francesco porta la croce di ferro che aveva da vescovo, non si è seduto sul trono pontificio ma su una poltrona come i cardinali; ha chiesto ai fedeli di pregare per lui, ha lasciato una pausa di silenzio per questa preghiera e si è inchinato davanti a loro; ha viaggiato con i cardinali in pulmino per andare a Santa Maria maggiore. Sarà un Papa che governerà la Chiesa in presa diretta con il Popolo di Dio. 3) Il nome stesso che ha scelto avvicina il nuovo Papa ai missionari: evoca San Francesco d’Assisi e la povertà evangelica, il mondo dei poveri.
La provenienza di questo Papa dal Sud del mondo rappresenta i miliardi di uomini e donne, figli di Dio come noi, che ancora vivono nella miseria a volte veramente 'nera': con 100-200-1.000 dollari annui di reddito pro capite! Noi in Italia siamo sui 35.000 dollari e ci ricordiamo di queste schiere infinite di fratelli e sorelle per dare a volte un’elemosina, un aiuto e poi con i circa 12.000 missionari e volontari italiani nel Sud del mondo. Con tutto il rispetto e la com-passione per le difficoltà economiche e di lavoro che vivono oggi molte famiglie e i giovani nella nostra Italia, non c’è dubbio che, per rinnovare la nostra vita in senso evangelico, siamo chiamati a ben altra coscienza, condivisione e solidarietà verso gli ultimi dell’umanità. Papa Francesco vuol rinnovare la Chiesa anche per questo.
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