mercoledì 7 gennaio 2015
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La parola chiave per l’anno iniziato, ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi, sarà «ritmo». E noi, poeti, musicanti e compositori di ogni genere, che al ritmo e ai suoi trascinanti misteri abbiamo dedicato la vita, ne siamo contenti. E penso che lo siano tutti coloro che amano veramente qualcosa e qualcuno. Infatti, è l’amore che dà vero ritmo alle giornate. «Amor che move», diceva Dante. Si sa, è difficile dire che cosa sia il tempo. Ma, quando nella vita e in una giornata ami qualcuno, il tempo diventa ritmo: quello dell’attesa, lentissimo e magnifico, quello del presente, breve e intenso, e quello della memoria, magico e sorprendente. Insomma, se di ritmo dev’essere fatto il nuovo anno, occorre, caro premier, che ci si intenda su un paio di cose.Il ritmo è bello se viene dato da un buon direttore d’orchestra che esegue una buona partitura. E una buona partitura politica è quella che cerca di tener conto di tutto. Di tutti gli interessi, specie di quelli degli sventurati. E che cerca di servirli. Non con gli slogan o le ricette di un tempo ormai passato. A volte, lo sappiamo bene, se la mano del direttore o del capobanda vuol fare solo una bella coreografia, una bella parata, il ritmo dato è orrendo e banale. Abbiamo visto sfilare troppa gente al ritmo dato da leader a cui interessava solo l’accrescimento del proprio potere. Erano "marchette" orride. E occorre avere chiaro di chi è la mano che batte il tempo. In democrazia, è del governo scelto dal popolo. Dovrebbe essere così.In Italia, per motivi che qui non vale ricordare, siamo "quasi" in questa situazione. In più siamo abituati a sentire la presenza di troppe mani che vogliono darci il ritmo. Istituzioni europee, banche centrali, o addirittura organismi che si arrogano il titolo di dare pagelle. Non è facile: così si rischia che si ascoltino tempi e battiti diversi. Tutto ciò genera solo confusione. E paralisi. Ma la sfida di riprendere o di imparare un ritmo nuovo è affascinante. Per questo chiediamo a chi ha la bacchetta in mano (sappiamo bene che non è una bacchetta magica) di interpretare bene il ruolo di direttore di una orchestra che è la più bizzarra e magnifica che sia apparsa sulla Terra, l’orchestra Italia. Siamo la patria delle arti, della musica e della poesia. Qualcosa dobbiamo imparare da questo fatto, per capire quale sia il nostro ritmo.Proprio dalle arti vengono alcune indicazioni. Nessun ritmo si improvvisa, ma nasce come variazione e allargamento da qualcosa che c’era già prima. Ogni improvvisazione – lo insegna pure il jazz – è rielaborazione di qualcosa di precedente. Occorre aver dunque ben chiare la storia, non solo recente, e le composizioni del nostro Paese, per sapere che ritmo imprimere. E in arte si sa, non si finisce mai di imparare dai grandi maestri. Quali sono i nostri in questo momento? Inoltre, la grande arte, anche a costo di non incontrare subito il favore di pubblico e addetti ai lavori, ha il coraggio di sperimentare, cercando innanzitutto la verità sulla natura umana e di interpretarne i segni. Il ritmo di un’opera d’arte è l’esito di un’appassionata composizione tra visione della vita, concezione, ispirazione e abilità tecnica. Pensare che la politica sia una tecnica distaccata da una visione dell’uomo e che possa in modo "neutro" concorrere al bene è una delle ideologie peggiori del nostro tempo. Una vera truffa creata ad hoc da potentati spesso occulti contro le visioni della vita che hanno sempre animato e ritmato la vita della gente.Ecco, noi ci stiamo a riprendere il ritmo, ci piace il ritmo, ma a partire dalle grandi tradizioni di pensiero e di civiltà che hanno animato la vita del nostro popolo. Un ritmo che non avesse nelle vene la migliore musica che viene dall’anima cristiana popolare, dalla visione socialista umanitaria, e dalla intelligenza laica (non laicista) sarebbe una musichetta buona solo per intrattenere i naviganti mentre si è sul «Titanic». O somiglierebbe a certo triste pop italiano fatto a malacopia di altre culture musicali. Per riprendere il ritmo, per danzare senza che nessuno sia lasciato seduto a bordo pista, occorre che il direttore d’orchestra sappia bene, lui prima di tutti, da dove prendere questo ritmo.
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