lunedì 23 maggio 2022
Mosca spinge nel Donbass e i vertici di Kiev temono un cambio di linea in Occidente. L'invasione turca dell'isola nel Mediterraneo ebbe un copione che potrebbe ripetersi: negoziato ma dura spartizione
Guerra giorno 89: offensiva, rivelazioni su Putin e il temuto "scenario Cipro"
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Nell’89° giorno del conflitto ai fatti incontrovertibili – come i feroci combattimenti nel Donbass che mietono quasi cento vittime ucraine al giorno, la condanna all’ergastolo per il giovane soldato russo processato per crimini di guerra, l’addio di un diplomatico russo a Ginevra in dissenso con il suo governo ­– si uniscono rivelazioni tutte da verificare. La principale è quella che è stata diffusa da Kyrylo Budanov, capo dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino, secondo cui il presidente russo Vladimir Putin sarebbe scampato a un attentato a invasione già avviata. "C'è stato un tentativo non molto tempo fa. Si tratta di un'informazione non pubblica e di un tentativo assolutamente fallito. Ma è successo davvero", ha detto l’alto ufficiale.

Si tratta d’intendersi su che cosa sia un tentativo fallito. Molto probabilmente niente di simile a qualcuno che si sia avvicinato a Putin con un’arma né a un complotto di alto livello. Forse è soltanto una forma di propaganda per tenere alta la tensione ed evitare che prevalgano le voci che vogliono spingere per un negoziato in cui anche Kiev possa fare alcune concessioni territoriali, al fine di non prolungare ancora i sanguinosi combattimenti.

Budanov è considerato uno dei falchi del gruppo dirigente di guerra ed è uno di coloro che hanno subito replicato alla presa di posizione del “New York Times”, che ha spiazzato molti, con la presa di distanza dalla linea Biden sull’Ucraina. Il giornale forse più importante del mondo ha scritto che non è "nell'interesse dell'America precipitare in una guerra totale con la Russia". Anche se l'attacco è stato "sorprendentemente mal congegnato", Mosca rimane troppo forte e la vittoria dell'Ucraina non è uno scenario plausibile. L’editoriale critica gli Stati Uniti e la Nato per aver contribuito alle "aspettative irrealistiche" di Kiev di difendersi da un'aggressione straniera che potrebbe trascinare l'Occidente "sempre più a fondo in una guerra lunga e costosa". Pertanto, secondo il “NYT”, l'Ucraina "dovrà prendere dolorose decisioni in termini di concessioni territoriali che qualsiasi compromesso con la Russia richiederà".

Finora nell’America alleato decisivo per l’Ucraina soltanto i fedelissimi di Trump avevano messo così in dubbio il sostegno pieno alla resistenza anti-russa. Andriy Zagorodnyuk, già ministro della Difesa, ha replicato dicendo che “il principale assunto sbagliato è che Kiev non può vincere, quindi deve fare un accordo. Un'argomentazione debole per due motivi. Primo: l'Ucraina può vincere e questo, per molti versi, dipende dal modo in cui i nostri partner, compresi gli Stati Uniti, invieranno armi e altri aiuti. In secondo luogo, non vediamo alcuna possibilità di un processo negoziale. La Russia non ha mostrato il minimo segno di voler modificare i suoi obiettivi strategici”.

Viene fatta anche circolare un’analogia con la vicenda di Cipro. Lo sbarco turco sull’isola del Mediterraneo avvenne il 20 luglio 1974, come asserita risposta al colpo di Stato militare che aveva deposto il presidente cipriota, l'arcivescovo greco-ortodosso Makarios, alterando gli equilibri del Trattato di Zurigo e Londra del 1960 tra Regno Unito, ex potenza coloniale, Grecia e Turchia. L'intervento per Atene fu un'invasione, venne invece chiamato “Operazione di pace” dalla Turchia.

Il punto è che si intavolarono subito trattative a Ginevra dalla fine di luglio, in cui la Turchia, approfittando della forte crisi politica apertasi in Grecia, propose di creare una struttura federale e di dividere la popolazione sul territorio. Al fallimento del negoziato (ovvero al rifiuto del piano di Ankara), il 14 agosto scattò la seconda operazione militare turca, che portò alla conquista del 40% del territorio e alla nascita di un’entità autonoma settentrionale, la Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta soltanto da Ankara. Ancora oggi, quasi 50 anni dopo, Cipro è divisa dalla linea verde che separa le due comunità, anche se formalmente l’intera isola è entrata nell’Unione Europea nel 2004.

Le differenze sono probabilmente meno delle somiglianze, ma i timori a Kiev di un dialogo non impostato su solide basi e sbilanciato a favore di Mosca sono ancorati anche a questi precedenti storici. La comunità internazionale, infatti, non fu particolarmente attiva nel difendere la sovranità di Cipro, a eccezione di Londra (che fu probabilmente bloccata proprio dagli Stati Uniti, la cui politica estera era guidata da Henry Kissinger). Il peso geo-strategico dell’isola e della Turchia a paragone dell’Ucraina e della Russia è enormemente inferiore, tuttavia un cambio di vento nelle opinioni pubbliche e nelle cancellerie occidentali potrebbe esporre il Paese che in queste ore è giunto al terzo mese di invasione a mutilazioni territoriali rilevanti e permanenti, oltre alle pesanti ferite già subite per una guerra condotta per intero soltanto sul proprio territorio.

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