Ucraina e Russia: dopo le stragi non può restare solo il rancore
sabato 2 aprile 2022

Caro direttore,
quando saranno cessate le armi, ma non il dolore dei deportati, dei rifugiati, dei distrutti nell’anima quando non rimarrà che piangere i morti, dell’una e dell’altra parte quando tutti quanti patiremo un impoverimento materiale... allora non rimarranno che paura e rancore. Rancore degli ucraini, che ne avranno ogni ragione. Rancore dei russi, che sentiranno ancor più il peso delle sanzioni e dell’impoverimento da esse derivante (e non è certo pensabile che lo ascrivano a sé stessi). Paura e rancore di noi occidentali, che rapidamente torneremo ai nostri piccoli interessi, senza aver imparato la lezione di cosa significhi stare uniti (e addio Europa!). Insieme alla distruzione non rimarrà altro che paura, e rancore, e frustrazione, e rabbia, e isolamento, e voglia di rivalsa tutti ci saremo dimenticati di quanto di buono e bello e fruttifero hanno portato decenni di una qualche pacifica convivenza. Del resto, questi sono i frutti della guerra. Lo avevamo percepito un poco; qualcuno – il Papa – lo aveva detto chiaro. Inascoltato. Questa è l’azione di colui che divide. Sembra che abbia vinto. Ma non vincerà. Ecco, quando tutto sarà così, quando il mondo sarà diviso fra i “buoni” – noi – e i “cattivi” – i russi – io non vorrò dimenticare cosa ha significato il popolo russo per questo nostro mondo in termini di intelligenza, di storia, di arte, di sensibilità, di bellezza, di poesia, di scienza e soprattutto di spiritualità. Io continuerò a tenere sul comodino il mio Pavel Florenskij. Fin d’ora io dichiaro che non mi sento nemico di quel popolo e di quel che rappresenta per tutto il mondo. E da qui si può ricominciare.

Alberto Recami Firenze


Condivido la sua preoccupazione, caro dottor Recami, e faccio totalmente mia la sua speranza e il suo impegno di rifiuto dell’odio e del rancore.

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