Ucciso Ernest Johnson la giustizia come vendetta
giovedì 7 ottobre 2021

Aiutare le future generazioni a vivere meglio di come abbiamo vissuto noi è l’obiettivo che tutti ci prefiggiamo. Almeno a parole. Educare, quindi, è e rimane la grande sfida di ogni singolo e di ogni società. Essendo l’uomo un intreccio di egoismo e di desiderio di donazione, di bene sporcato dal male, abbiamo compreso che fin dai primi mesi occorre accompagnare i bambini e aiutarli a discernere, di volta in volta, che cosa fare e che cosa, invece, è meglio evitare. Non tutti i valori sono uguali, non tutte le leggi sono giuste. Non tutti i 'diritti' sono davvero tali. Come in ogni cosa c’è una scala.

Ogni costruzione inizia dalle fondamenta e, pian piano, sale verso il tetto. Il fondamento di tutto ciò che ci riguarda sta nel fatto di essere nati. Diritto alla vita, dunque. Un diritto che va al di là della 'qualità della vita'. Poveri e ricchi hanno gli stessi diritti di vivere ed essere felici. Accade purtroppo che il nostro diritto alla vita potrebbe essere minacciato, o, addirittura, stroncato da qualcuno. Quando accade, la società civile s’indigna, protesta, chiede giustizia. Nel corso dei secoli è accaduto che la parte offesa si facesse giustizia da sola. Il più delle volte, una vera e propria vendetta. È successo fino all’altro ieri, in casa nostra. Grazie a Dio, col passar del tempo, siamo riusciti a vergognarci di codeste oscenità.

La giustizia deve essere sempre giusta. Deve cioè tener presente chi è Tizio e perché ha ucciso Caio; se aveva la precisa volontà di farlo o incappò in un incidente. E, soprattutto, se, nel momento del delitto, era sano di mente. Si indaga, si studia, si valuta, si decide, si condanna o si assolve. Ma, essendo la vita di ognuno un valore inestimabile, la società civile s’impegna a punire il reo ma anche vuole in qualche modo recuperarlo. Non sempre è facile. Gli adulti educano le giovani generazioni con le parole solo se precedute, accompagnate e seguite dagli esempi.

Sono passati 27 anni da quando Ernest Johnson, un giovane di colore, durante una rapina, uccise tre impiegati nel Missouri. Una cosa orribile. Tre vite stroncate, decine di familiari e amici distrutti dal dolore, un’intera comunità gettata nel più grande sconforto. Ernest Johnson, però, non è sano di mente, quindi è un malato. I malati vanno curati e messi in condizioni di non far del male a sé stessi e agli altri.

La società civile ha la possibilità, i mezzi e le capacità di mettere in sicurezza i propri cittadini. Occorre solo investire di più perché nonostante le diversità, gli uomini possano convivere senza farsi (eccessivamente) male. Ernest, invece, è stato condannato a morte. In Missouri è possibile, la legge lo prevede, la gente non si scandalizza più di tanto. Non è un bene, la pena di morte deve uscire per sempre dal consesso umano. Non posso ripagare con la stessa moneta chi ha reciso il grande dono di una vita, comportandomi come lui. Così vince la morte non la vita. Al di là di questo, però, Ernest non avrebbe dovuto essere ucciso perché ha problemi mentali. Qualcosa si ribella dentro ogni persona di buona volontà. Papa Francesco stesso ha umilmente chiesto la grazia il governatore dello Stato americano, Mike Parson, e con lui migliaia di cittadini. Niente da fare. La richiesta è stata respinta ed Ernest, ormai 61enne, è stato ucciso. Fine della storia. Dopo 27 anni la 'giustizia' è stata servita su un piatto di ghiaccio, tanto da somigliare a una vendetta. Ernest muore. Inutilmente.

Anzi, pericolosamente. Avremmo potuto aiutare lui, difendere i cittadini e continuare la nostra opera di educazione al grande valore della vita verso i bambini e i giovani. Non è successo. Tristissima storia. Nessun vincitore, nessuna soddisfazione, nessuna giustizia. Solo il rammarico di aver perduto l’occasione di esercitare la pietà e aver dato un pessimo esempio ai nostri figli, in tutto il mondo.

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