mercoledì 27 maggio 2015
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Hanno vinto i tassisti, per ora. Gli autisti di Uber non potranno più andare a caricare e scaricare passeggeri per le strade d’Italia a costi ridotti perché - ha stabilito il Tribunale di Milano - stanno facendo 'concorrenza sleale' ai taxi, che costretti al rispetto di regole e tariffe non possono (e comprensibilmente non vogliono) abbassare i prezzi. Quindi entro 15 giorni il servizio 'Uber pop' dovrà chiudere e gli italiani che si erano messi al volante improvvisandosi autisti a chiamata per gli utenti dell’app Uber pop dovranno trovare un altro sistema per arrotondare le entrate.  Almeno fino a un eventuale contrordine. Uber ha già fatto ricorso contro l’ordinanza, così come si è appellata contro simili divieti in Spagna, Germania e Francia. Intanto aspetta novità da Bruxelles, dove Elzbieta Bienkowska, commissario europeo al Mercato interno, ha una dichiarata simpatia per il suo servizio e sta lavorando per definire una regolamentazione unica.  Il fatto è che appare un po’ semplicistico sminuire la novità portata da questa nuova potenza nata nella Silicon Valley (una società che sta preparando uno sbarco a Wall Street da 50 miliardi di dollari) a 'un salto di qualità nell’incrementare e sviluppare il fenomeno dell’abusivismo', come ha scritto il giudice Claudio Marangoni. Uber ha sfruttato le evoluzioni della tecnologia (gli smartphone e i Gps, in questo caso) per creare una rete in cui chiunque con una fedina penale pulita e un’automobile decente può mettersi a disposizione per trasportare da un posto a un altro sconosciuti che impostano sul telefonino l’itinerario desiderato. È un servizio più simile a quello delle auto a noleggio con conducente che a quello dei taxi. Però il sistema di prenotazione garantisce tempi rapidissimi e le tariffe, in parte legate ai chilometri e in parte al tempo, sono prestabilite e sensibilmente più basse di quelle di un Ncc o di un taxi.  Questi autisti non professionisti privi di licenze comunali e di altri vincoli oltre al rispetto del Codice della strada non sono semplici abusivi. Sono qualcosa di nuovo. Così come sono qualcosa di nuovo i 'passaggi' offerti (a pagamento) dai pendolari dell’automobile di BlaBlaCar, le camere da letto trasformate in stanze di hotel per una notte da AirBnb, le sale da pranzo convertite in ristorante per una sera nei nuovi home restaurant. Dalle nuove tecnologie continuano a spuntare campioni di un’innovativa economia non convenzionale in cui il confine tra professione, lavoretto occasionale e hobby redditizio è più confuso che mai. È un mondo nuovo che per i più giovani è già abitudine ma che per molti settori tradizionali è una minaccia reale. Ed è un mondo nuovo al quale sarà sempre più difficile applicare leggi pensate per funzionare in un contesto ormai troppo diverso. Servono regole altrettanto innovative, che non soffochino nella culla questa economia non convenzionale ma che non la lascino divorare in un paio d’anni mercati consolidati e con più storia. Sarà dura, per i legislatori. E Uber è solo il caso più urgente.
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