domenica 1 maggio 2016
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P oco meno di un mese fa raccontavo di un cristiano coi fiocchi dimessosi con disagio da Facebook e di come, volendo abitare da cristiani un luogo come un social network, sia necessario vedere gli altri (e sé stessi) come delle persone e non dei “profili”. Questa domenica racconto volentieri di un altro cristiano coi fiocchi, che si chiama Gino Gandolfo e secondo me riesce molto bene in questa impresa, praticando una delicata prossimità. La stessa, a quanto capisco, di cui è capace come marito e padre, come assistente ed educatore di ragazzi disabili, come dirigente nell’Azione Cattolica impegnato anche contro il gioco d’azzardo: basta leggere come si presenta, con semplicità e trasparenza, sul suo neonato blog ( http://tinyurl.com/zrsegqs ) e, appunto, sul suo profilo Facebook. Dove peraltro non risulta iperattivo. Pare infatti che i ben 2.762 amici siano attratti soprattutto dai suoi carezzevoli “buongiorno”: ogni mattina, intorno alle 8, una brevissima riflessione (quando firma “Gino” è sua, altrimenti vi dirà lui da chi l’ha presa) con la quale diventa un po’ più facile iniziare la giornata. I “like” piovono, sinceri: si contano a decine, non a unità. Gli “amici” aumentano: +400 solo nel 2016. I commenti segnalano gratitudine. Attenti però: Gino Gandolfo ci dà coraggio ma non è un buonista, non ci fa credere, retoricamente, che tutto, oggi, andrà bene. Talvolta, anzi, lascia intravedere la fatica del cammino, le cadute da mettere in conto e il rischio di doversi improvvisare samaritani di sé stessi, il fatto che a qualche bivio dovremo preferire il sentiero sterrato, e a qualche altro fermarci, in silenzio. Si direbbe che stia condividendo con noi qualcosa che la vita, sua o di qualcuno a lui vicino, gli ha appena insegnato. Come quando ha scritto che gli errori non si cancellano, si collezionano: «È così che diventiamo esperti delle nostre fragilità». © RIPRODUZIONE RISERVATA WikiChiesa
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