sabato 4 agosto 2012
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Sono lieta che il ministro della Salute, Renato Balduzzi, condivida le preoccupazioni espresse da me – e non solo da me – su questo giornale circa l’applicazione della legge 40 sulla procreazione assistita. In risposta a un’interrogazione dell’on. Volonté (Udc), infatti, il ministro ha dichiarato che esiste un problema riguardo all’aumento esponenziale (oltre il 2.000 per cento) degli embrioni crioconservati, dopo che la sentenza della Corte Costituzionale ha eliminato il limite dei tre embrioni da produrre e impiantare, lasciando la valutazione e la responsabilità al medico. La legge, infatti, indica un criterio ben preciso: bisogna produrre solo il numero «strettamente necessario» di embrioni, poiché la crioconservazione resta vietata. La vertiginosa espansione del numero di embrioni congelati, sospesi in una condizione innaturale tra la vita e la morte, segnala dunque che la sentenza della Consulta è stata male interpretata e male applicata, e il ministro lancia l’allarme.
 
Sulle possibili soluzioni, però, avrei qualche riserva da esprimere. Balduzzi, infatti, annuncia che chiederà un parere al Consiglio superiore di sanità, perché prima di emanare le nuove linee guida c’è bisogno di un approfondimento scientifico sul tema della crioconservazione. L’approfondimento, però, è già avvenuto, con una commissione creata ad hoc dal Ministero, subito dopo il pronunciamento della Consulta; ai lavori partecipavano anche i presidenti dell’Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità, oltre a giuristi di diverso orientamento ed esperti del settore. Consiglio e Istituto sono dunque già stati coinvolti per esprimere un parere di merito sulla crioconservazione degli embrioni. Ma soprattutto, non credo che il problema possa essere risolto modificando il testo delle nuove linee guida (predisposte da me e dall’allora ministro Fazio, e approvate dal Consiglio superiore di sanità), che attende solo di essere firmato dal ministro. In quel testo, infatti, è già contenuta una precisa indicazione, e cioè l’obbligo di riportare nella cartella clinica «le motivazioni in base alle quali è stato determinato il numero di embrioni strettamente necessario da generare, e quelle in base alle quali si è stabilito quali e quanti embrioni non trasferiti siano temporaneamente da crioconservare».
 
Allo stato attuale, i medici non sono tenuti a giustificare clinicamente e scientificamente le procedure scelte, e quindi non è possibile premiare le buone pratiche e capire dove si annidano le criticità. I termini di legge per l’emanazione di nuove linee guida, del resto, sono ormai scaduti e un ulteriore ritardo penalizzerebbe gli operatori del settore, privi di indicazioni aggiornate da parte del Ministero, senza contare che anche il consenso informato va modificato alla luce della sentenza della Consulta. Le linee guida, come il ministro sa, non possono contenere altro che precisazioni tecniche: proprio per questo il Tar del Lazio impose la modifica del primo testo formulato dal ministro Sirchia, ritenendo che vi fossero inserite indicazioni che andavano oltre la legge 40. Sarebbe quindi difficile proporre soluzioni per limitare l’eccessivo ricorso alla crioconservazione attraverso lo strumento delle linee guida. Ma una volta emanato il nuovo testo, con l’obbligo di riportare nella cartella clinica le motivazioni circa la scelta del numero di embrioni da creare ed eventualmente crioconservare, sarebbe possibile riflettere poi sui risultati e cercare, magari insieme alle Regioni, le soluzioni più adeguate.
* deputato Pdl, già sottosegretario alla Salute
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