mercoledì 5 settembre 2012
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​Sebbene alcuni ritengano orgogliosamente che l’Italia possa e debba farcela da sola, i dati sull’economia reale tendono ancora oggi a confermare che l’esorbitante prezzo che siamo costretti a pagare a causa della speculazione sullo spread (e delle conseguenti durissime manovre di austerità necessarie per contrastarla) impedisce all’economia reale di risollevarsi rendendo di fatto più difficile la soluzione della "crisi del debito". In queste condizioni il Paese non ce la fa a ripartire e l’intervento sullo spread appare urgente e indifferibile. Domani il direttivo della Bce dovrà definire la modalità più efficace di intervento sui mercati per contrastare l’eccesso speculativo negli spread italiani e spagnoli e riportarli a livelli ragionevoli. Il dibattito degli ultimi giorni ha fatto emergere tre opinioni principali su come si dovrebbe procedere.La prima è che l’Italia dovrebbe farcela da sola e quindi, implicitamente, che la Bce non dovrebbe fare niente. Su queste colonne abbiamo già spiegato le ragioni per cui non crediamo affatto a questa ricetta, implicitamente basata sull’idea che il rigore e i sacrifici saranno "premiati dai mercati", i quali dunque valuterebbero oggettivamente i fondamentali e non sarebbero affatto dominati da dinamiche speculative. Ci sembra che dietro questa posizione via sia prima che il desiderio di far ripartire i Paesi in difficoltà, quello prioritario di soddisfare, a ogni costo e prima di tutto, gli interessi dei creditori (che in realtà, con ristrutturazioni del debito come quella operata in Grecia, sono i primi a pagare gli eccessi di rigore autolesionisti).La seconda opinione è che la Bce dovrebbe fissare dei target espliciti relativi ai livelli massimi di spread e difenderli sul mercato secondario. Il limite principale di questo approccio è che esso darebbe un riferimento e un obiettivo chiaro agli speculatori, ovvero quello di far saltare la soglia prestabilita. Storie passate di insuccessi nella difesa di cambi fissi suggeriscono che i rischi di questo tipo non vanno sottovalutati.La terza posizione, più volte riportata in questi giorni, è che la Bce dovrebbe fissare dei target segreti e aggiustabili evitando di dare punti di riferimento ai mercati. Anche se questo approccio sembra superare i limiti della seconda strategia, non ci pare ottimale. Gli operatori sanno benissimo quando la Bce interviene sui mercati e, dunque, se anche i target prestabiliti restassero segreti, non sarebbe difficile per i manovratori dei mercati e per gli speculatori capire le strategie della Bce e contrastarle.La verità è che entrambe le ultime due proposte hanno il difetto di vincolare la Bce a una guerriglia che potrebbe essere estenuante e onerossisima dal punto di vista dell’uso di munizioni (leggi: risorse) sui mercati secondari (persino in caso di concessione di licenza bancaria all’Esm, il meccanismo europeo di stabilità, detto anche fondo salva Stati).La proposta migliore, a nostro parere, è e resta quella invece di intervenire direttamente sul mercato primario impegnandosi ad acquistare e a tenere a scadenza per un certo numero di anni (due?) i titoli di Spagna e Italia a tassi prefissati, pronti a revocare l’intervento qualora i due Paesi non mantenessero l’impegno di conservare in ordine le proprie finanze e di far ripartire l’economia. Si tratta della strategia che richiede l’impiego del minor numero di risorse economiche e riduce il rischio di perdite in conto capitale in cui la Bce potrebbe incorrere acquistando e vendendo titoli di Italia e Spagna sul mercato secondario.Per capire che si tratta anche di una strategia efficace basta guardare a quanto sta accadendo a Irlanda e Portogallo che sono sotto programma del Fondo Monetario e ricevono dunque i finanziamenti per il debito a tassi prefissati. Si diceva che una volta uscite dai mercati non ci sarebbero mai più tornate e invece, dopo poco (anche grazie agli sforzi di risanamento), i tassi di questi Paesi sono scesi da livelli esponenziali a valori più bassi di quelli di Spagna e Italia. La strategia che torniamo a proporre ha un importante risvolto simbolico e politico. Una cosa seria come il debito di interi Paesi non può essere lasciata in balia di questi mercati finanziari, travolti da un susseguirsi di scandali, dominati dalla speculazione e dagli oligopoli di istituzioni finanziarie "troppo grandi per fallire", ma continuamente sull’orlo del fallimento e bisognose di "salvataggio" da parte degli Stati stessi. Il mondo si divide tra coloro che ritengono ineluttabile e insuperabile l’attuale livello di "civiltà" di una determinata istituzione umana, anche di quelle economiche, e coloro che vedono oltre e pensano che si possa fare meglio. Sono questi ultimi secondi che spingono avanti i processi di sviluppo.
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