sabato 24 agosto 2013
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Ricordi? Ricordi quella partita, ricordi quel campionato? Ogni tifoso – tiepido o bollente, tenero o coriaceo – ha una partita e un campionato nel cuore. I tifosi degli squadroni di Torino e Milano ne hanno innumerevoli. Ma quelli di Cagliari, Verona e Sampdoria, ad esempio, ne hanno uno in particolare, l’unico in cui vinsero facendo masticare amaro, loro affamatissimi, i satolli tifosi delle metropoli. Perfino papa Francesco ha un campionato nel cuore, quello del 1946, quando a trionfare fu il suo San Lorenzo de Almagro, che da ragazzino andava a vedere con suo padre allo stadio del Gasometro. Ha perfino un gol nel cuore, il pontefice che non difetta di cuore: «A ver si alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni, allí, no?» (Chissà se qualcuno di voi riuscirà a fare un gol come quello di Pontoni, che ne dite?). Pontoni, chi era costui? Eppure l’ex bambino Bergoglio, parlando lo scorso 13 agosto ai calciatori delle nazionali d’Italia e d’Argentina, ai suoi connazionali (e al mondo intero) parlava come un bolognese che sospirasse: «Ah, chi può non ricordare quel gol di Pascutti?». Giusto per gli appassionati italiani (per gli argentini sono notizie note): René Alejandro Pontoni (1920-1983), centravanti poco dotato fisicamente ma dalla tecnica sopraffina, nel 1946 nel San Lorenzo segnò 20 gol, uno dei quali, il Papa sa quale, particolarmente memorabile. Il trio d’attacco Farro-Pontoni-Martino fu soprannominato dai giornalisti sportivi «El Terceto de Oro».Ricordi… Come sarà ricordato un giorno il campionato italiano 2013-2014, che comincia oggi, spalmato tra il sabato e il lunedì come tutti i campionati europei, merce golosa per il mercato televisivo? O come ci piacerebbe che fosse ricordato? Per un attimo mettiamo da parte i demoni amari, acidi e pessimisti che si agitano, ora più ora meno, in ciascuno di noi e ci spingono a immaginare un campionato di purghe e veleni, malumori assortiti, sospetti di partite vendute e comprate, violenze nel dintorni degli stadi… Meglio indossare i panni "papisti francescani", che per i cinici saranno pure ingenui e muoveranno al sorriso, ma in realtà sono gli unici capaci di cambiare e creare. E allora sarebbe bello che ciascuno di noi, un giorno, ricordasse questo campionato come il torneo in cui alcuni, molti calciatori si misero a sorridere; e correndo avevano lo sguardo intenso dell’agonista provetto, ma non cattivo e assatanato. Il torneo in cui cominciò a realizzarsi la profezia di papa Francesco del 13 agosto: il torneo «della bellezza, della gratuità e del cameratismo». Il torneo in cui i professionisti milionari scendevano in campo pensando al proprio conto in banca, d’accordo, ma soprattutto al pubblico, alla gente, ai ragazzi e ai bambini; in campo, consapevoli della propria "responsabilità sociale"; da professionisti, d’accordo, ma con lo spirito del dilettante. Come diceva Bergoglio: dell’amateur, di chi innanzitutto si diverte e trasmette gioia. Addirittura – e qui la profezia si fa utopia – il torneo in cui si realizzò un piccolo, possibilissimo miracolo e «lo stadio si arricchì umanamente», riempiendosi di tanti papà Bergoglio con il loro piccolo Jorge Mario, come accadeva a Buenos Aires al mitico Gasometro.Poi, vinca il più forte. Oppure, a consolazione dei tifosi delle squadre proletarie ma dal cuore grande, valga il commento di paròn Nereo Rocco prima della sfida tra il suo granitico Padova contro uno squadrone metropolitano nell’arena infuocata dell’Appiani: «Vinca il migliore? Ciò, speremo de no!»
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