sabato 16 aprile 2016
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Un’affermazione del Papa, nella sua meditazione della Via Crucis del venerdì santo, sta facendo emergere dissensi e malumori in un campo che si professa laico (Gian Enrico Rusconi su 'La Stampa') ma anche cristiano ( Tomaso Montanari su 'la Repubblica'). Per chi, come me, si sente laico e cristiano sono riflessioni che fanno pensare e che hanno pure spunti condivisibili. Non credo però che, almeno per quanto riguarda la loro esegesi del testo di Francesco, colgano nel segno. Ma cosa ha detto il Papa? «O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze. O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato. O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli e danno ai loro figli da mangiare il pane insanguinato». È la seconda invocazione, quella rivolta a chi vuole togliere la Croce di Cristo dai luoghi pubblici, che fa problema. A me pare invece che, se letta in coerenza con le altre due (cioè per evitare i rischi del fondamentalismo e del potere teso alla guerra), come deve essere letta, essa è giustissima. Soprattutto non esprime un orizzonte neoconfessionale secondo un criterio di integralismo (come vorrebbero, con motivazioni diverse, i due critici prima ricordati), ma un orizzonte veramente laico secondo un criterio di integrazione.  Certo, il punto cruciale (cioè la vera crux) è come intendere un orizzonte veramente laico. Il vecchio laicismo alla francese aveva un senso quando si era nel contesto di un’Europa a stragrande maggioranza cristiana. Ha anche avuto, lo riconosco senza difficoltà, una funzione storica progressiva per arginare e contrastare l’indebito clericalismo che spesso emergeva nelle Chiese cristiane. Tale laicismo affermava un criterio di separatismo e una neutralità dello Stato come esclusione delle religioni dallo spazio pubblico istituzionale.  Nella situazione attuale, di un’Europa multireligiosa, con presenze religiose fondamentaliste violente e con altre all’avanguardia nell’impegno per la nonviolenza, la giustizia e la pace, quella laicità laicista appare inefficace, anzi gravemente inefficace, per gestire in modo pacifico e democratico un contesto complesso e delicato: chiudere gli occhi non risolve i problemi. Se ciò vale per le polizie e per i sistemi di intelligence vale ancor più per i criteri di gestione dello spazio pubblico istituzionalizzato. La laicità laicista non promuove e non garantisce cittadinanza repubblicana, egualitaria e democratica: il criterio di separazione, cioè la neutralità che esclude tutti, è ormai storicamente inservibile.  Ci vuole una laicità più laica, che laicizzi e secolarizzi il vecchio laicismo (con il suo fondamento implicito della sacralità dello Stato, simile perciò all’antico paganesimo), una laicità moderna che costruisca dialogo, incontro, ascolto, rispetto verso tutti: una laicità di integrazione. Ecco il punto: non togliere i simboli religiosi dallo spazio pubblico istituzionalizzato e, certo, non privilegiarne uno solo. Accogliere tutti i simboli delle comunità realmente presenti, tutti gli orientamenti ideali (anche quelli atei o agnostici), nella misura in cui sono espressi da persone in carne ed ossa e da comunità. Non dare a Cesare ciò che è di Dio, se vogliamo che non spuntino fondamentalismi che, per contrapposizione simmetrica, rivendichino a Dio ciò che è di Cesare. La prima e la seconda delle invocazioni di papa Francesco stanno insieme. Ma c’è di più. C’è un supplemento di senso. Anche la seconda e la terza invocazione stanno insieme. Possiamo costruire integrazione democratica senza valori condivisi? Come ridurre al nucleo essenziale la Dichiarazione universale dei Diritti umani (e, in Italia, la Costituzione della Repubblica)? Facendo riferimento al valore basilare che è l’interdizione della guerra, cioè del fratricidio (perché gli esseri umani sono tutti fratelli e sorelle). Ecco il criterio per giudicare, laicamente, Stati e Chiese, poteri politici istituzionali e gerarchie religiose: solo a chi non riconosce la fraternità umana, solo a chi predica la violenza e la guerra va interdetto lo spazio pubblico. Sia pure il Papa. O siano, più probabilmente, i politici (o sedicenti tali) di turno.
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