venerdì 24 marzo 2017
Da lunedì 27 marzo all'Onu partono i negoziati per la messa al bando degli arsenali nucleari. Diciamo basta a questi strumenti di morte
Logo contro le armi nucleari

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La minaccia di regredire all’età delle caverne per lo scoppio di una guerra nucleare non è una fantasia, ma una prospettiva incombente. E l’allarme è autorevole, lanciato dagli specialisti del "Bollettino degli scienziati atomici". Si tratta degli studiosi che monitorano l’imminenza di questo rischio, valutando la gravità delle tensioni mondiali, e che regolano il simbolico Doomsday Clock (Orologio dell’Apocalisse): nel gennaio scorso il Bollettino ha avvicinato le lancette di mezzo minuto alla fatidica Mezzanotte, a soli 2 minuti e mezzo, rispetto ai 3 minuti dello scorso anno (erano 5 minuti nel 2012), dalla possibile apocalisse. Solo nel 1953, con la Guerra di Corea, la minaccia era stata più vicina.

Il "Bollettino" avverte esplicitamente che: «Coloro che esercitano pubblici poteri dovrebbero essere saggi e agire immediatamente, allontanando l’umanità dall’orlo del baratro. Se non lo faranno, cittadini saggi devono farsi avanti». Ecco dove dovrebbe entrare in gioco il dovere di informare l’opinione pubblica. Ma i nostri principali media - ha fatto eccezione solo il giornale che lei dirige - hanno praticamente passato sotto silenzio anche una decisione storica come quella presa il 23 dicembre scorso dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che a grande maggioranza (113 Stati membri hanno votato a favore, 35 contro e 13 si sono astenuti) ha indetto un negoziato che tra fine marzo e la prima parte della prossima estate dovrà portare a un nuovo Trattato, che stabilisca effettive misure legali per l’eliminazione delle armi nucleari.

Un evento che è stato il culmine di un processo avviato nel 2006 dal Ippnw (International Physicians for the Prevention of Nuclear War), che lanciò l’iniziativa globale Ican (in inglese «Io posso», ma acronimo di International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) per mobilitare la società civile a favore del disarmo nucleare. Sinora, in un centinaio di Paesi, hanno sinora aderito più di 440 organizzazioni che stanno esercitando una forte pressione sui governi. Il 7 dicembre 2015 questo processo era approdato all’Onu, che fece proprie le finalità della campagna e istituì un apposito organismo (Open-ended Working Group), incontrando la radicale opposizione degli Stati nucleari e dei Paesi dell’Alleanza atlantica.

Nell’Assemblea Generale del 23 dicembre l’Italia ha sorprendentemente votato a favore (dopo il voto contrario espresso in Commissione il 17 ottobre): ma evidentemente ha poi subito una "strigliata" dalla Nato, tanto che il 2 febbraio il nostro governo è stato indotto da due interrogazioni parlamentari a una smentita che ha dell’inverosimile: si sarebbe cioè trattato di «un errore» dovuto «alle circostanze in cui è avvenuta la votazione, a tarda ora della notte del 23 dicembre».



Il nuovo negoziato, che si aprirà il 27 marzo prossimo a New York, intende portare a un superamento del Trattato di Non Proliferazione del 1970, che fu voluto dagli Stati Uniti e l’Urss, e non pose un freno alla proliferazione, poiché gli arsenali statunitense e sovietico continuarono a crescere spaventosamente fino alla metà degli anni Ottanta (circa 70mila testate complessive), e dopo il 1970 gli Stati che dispongono della bomba atomica sono passati da 5 a 9. Il Tnp impegnava inoltre gli Stati firmatari «a concludere in buona fede trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare». Impegno evidentemente sempre disatteso.

Ora la società civile si è mobilitata di nuovo per ottenere un bando assoluto delle armi nucleari. È scontato che gli Stati nucleari boicotteranno il nuovo negoziato, ma il nuovo e più stringente Trattato che verrà ugualmente approvato costituirà per tutti un nuovo quadro normativo dal quale nessuno potrà prescindere e nel quale le armi nucleari saranno considerate illegittime. Attualmente sul Pianeta ci sono quasi 15mila testate intatte, anche se "solo" circa 3.500 sono schierate e operative nei sistemi militari di Usa e Russia. A queste ne vanno aggiunte un altro migliaio, negli arsenali degli altri 7 Stati nucleari.

Ancora più grave è il fatto che i missili nucleari statunitensi e russi sono, come ai tempi della Guerra fredda, in stato permanente di allerta per il "lancio immediato su allarme" (Launch on Warning), e la storia abbonda di falsi allarmi, anche recenti, che hanno portato il mondo sull’orlo di una guerra nucleare. Inoltre, il vecchio Trattato di Non Proliferazione non ha impedito agli Usa di schierare testate nucleari a caduta nei Paesi europei dell’Alleanza atlantica. In Europa ne rimangono circa 140, di cui una settantina nelle basi di Aviano e di Ghedi Torre in Italia. L’Italia è pertanto uno Stato nucleare, e sarebbe un bersaglio privilegiato di un eventuale attacco. Per questo, caro direttore, mi rivolgo a lei. Mi permetta di ripetere dalle colonne di "Avvenire" che è urgente dare uno scossone alla distratta opinione pubblica italiana e diffondere capillarmente le informazioni sui rischi che incombono: è in gioco la sopravvivenza stessa dell’umanità.

Angelo Baracca è professore di Fisica all'Università di Firenze


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