giovedì 31 ottobre 2019
Appello alle Istituzioni del "Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose"
Un centro di detenzione in Libia (Ansa)

Un centro di detenzione in Libia (Ansa)

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Caro direttore,

non abbiamo bisogno di altre conferme, di altre inchieste giornalistiche, di altri comunicati delle Nazioni Unite, di altre interviste alle persone ferite, denutrite, malate che hanno avuto in sorte di non morire nel deserto, in un lager o in mezzo al mare.

Perché ciò che accade in Libia è noto a tutti. Sappiamo che si consuma una inarrestabile corsa alla barbarie e all’orrore. Con le nostre tasse teniamo in piedi un sistema di controllo di persone e coste che poggia su trafficanti senza scrupoli, ben noti alla comunità internazionale. Questi personaggi arrivano in Italia con visti rilasciati dalla nostra ambasciata. Per loro si schiudono le porte dei Ministeri, i sorrisi complici delle massime autorità, le compiacenze delle organizzazioni internazionali. In Libia, i migranti non hanno tregua.

Cercano rifugio ovunque pur di uscire dalla spirale della violenza e della mercificazione, per cui le comunità di origine ammassano debiti impagabili. Al netto di cinismo e opacità, ci rendiamo conto delle vie tortuose da percorrere. Della difficoltà elettorale di chi – in un Governo o Parlamento di qualunque latitudine – sa di perdere consenso spendendosi con sguardo aperto sui temi migratori, in un tempo in cui dai diritti umani sembra più opportuno allontanarsi, se si vuol dare un futuro al proprio incarico istituzionale. Della complessità dello scenario libico, frutto di decenni di storia feroce e sbagliata, oggi in guerra. Conosciamo gli interessi geopolitici, energetici, economici in gioco.

Il Memorandum d’intesa firmato dal governo Gentiloni nel 2017 con il governo libico di al-Sarraj senza un minimo di dibattito parlamentare, a nome dell’Europa, scade il 2 novembre. L’accordo contiene una clausola di rinnovo automatico che può essere superata, se verranno compiuti alcuni atti di decenza. A questo Governo, al Parlamento, si presenta un’occasione immediata e cogente per dare forma alla discontinuità e al «nuovo umanesimo» tanto sbandierati alla fine dell’estate.

I tratti identitari evocati dai protagonisti della legislatura, all’indomani della rottura del contratto giallo-verde, possono tradursi in atti concreti. Interrompere la legittimazione e il finanziamento di un sistema di violenza estrema che toglie dignità anche alla nostra comunità nazionale, oltre che alle persone sottoposte alle angherie dei trafficanti libici, è atto urgente e necessario. A meno che non si voglia passare alla storia come chi li ha avallati consapevolmente, i lager della Libia.

Fin dalla costituzione del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose nel dicembre 2017, nel solco di un film che, con tempismo, raccontava la vicenda dell’accordo tra Italia e Libia per il contenimento dei flussi migratori, ci siamo battuti per raccogliere e aggregare le molte energie che in Italia immaginano e giorno per giorno, con crescente difficoltà, costruiscono un altro modo di gestire il fenomeno dell’arrivo di profughi e migranti dal Sud del mondo. Chi, con competenza e senso acuminato della realtà, ha lavorato in questi anni sul terreno delle politiche migratorie, vuole dialogare con le istituzioni per condividere proposte, formulare soluzioni concrete al problema della assenza di canali legali di ingresso. In uno scenario così complesso, nessuno ha la ricetta definitiva per la soluzione del problema.

Serve però una disposizione della politica all’altezza delle sfide, se vogliamo affrontare i temi separati eppure connessi dell’accoglienza, dell’integrazione, della cittadinanza. Il momento per virare, con la prima discontinuità riconoscibile, è adesso. È il tempo di decidere, nella propria coscienza, fino a che punto si è disposti ad accettare che in nome della sicurezza, sia possibile continuare a sfruttare, stuprare, torturare, uccidere. Di considerare se questi sono uomini, se queste sono donne. Che il dibattito sul memorandum con la Libia sia portato subito in Parlamento. Che si voti per la sua abolizione. Che si cessi di trattare con i criminali.

Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose

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