Stiamo attenti. Non è finita
sabato 1 agosto 2020

Tutti vorremmo tornare alla "normalità": non avere limitazioni di movimento, frequentare qualsiasi tipo di ambiente, abbracciarci, affollarci, divertirci in modo spensierato. Tutti vorremmo riprendere le attività che svolgevamo "prima", senza nessun condizionamento o dispositivo da indossare, men che meno mascherine sia all’esterno che all’interno di luoghi chiusi. È bene dirlo subito: non sarà possibile ancora per molto tempo, anche in Italia, dove le decisioni coraggiose e onerose che abbiamo preso e la disciplina della stragrande maggioranza degli italiani hanno evitato la catastrofe sanitaria ed economica che sta travolgendo molti Paesi.

Questo nuovo coronavirus si è evoluto per diffondersi, è ancora virulento e patogeno, è lo stesso (con qualche piccola variazione) degli esordi: la differenza nei danni prodotti dipende esclusivamente dalla capacità dei governi, delle istituzioni internazionali e delle organizzazioni sanitarie di recepire le evidenze prodotte da una comunità scientifica spesso dipinta come divisa a causa di isolati "outsider", ma in realtà unitissima nel proporre soluzioni rigorose ed efficaci.
Il presidente Mattarella ha nei giorni scorsi pronunciato un discorso fantastico non solo dal punto di vista etico e politico, ma anche scientifico, che dovrebbe indurre ogni italiano a riflettere e a comportarsi di conseguenza. E invece assistiamo a porzioni importanti di popolazione e, purtroppo, di classe dirigente, che remano in direzione contraria facendo correre al Paese rischi immani sia dal punto di vista sanitario che economico. Quello che è successo in Israele, in Croazia e, soprattutto, in Spagna dovrebbero insegnarci che abbassare la guardia troppo presto produce danni terribili.

Israele sta vivendo una seconda ondata epidemica molto più grave della precedente, i nuovi contagi giornalieri sono stati nelle ultime due settimane più di 2.000 (nelle settimane precedenti non superavano i 50), attualmente 34.000 positivi (a fine maggio sotto i 2.000). Nonostante si sia abbassata l’età dei contagiati la capacità delle unità Covid dei 4 principali ospedali sono già saturate. Lo stesso primo ministro Netanyahu ha ammesso che la riapertura di metà maggio andava fatta con più equilibrio, in particolare per l’attività scolastica, dove non è stato rispettato né distanziamento né uso delle mascherine. La risposta del Commissario appena nominato è ora su quattro direttrici: ricorso all’esercito per tracciamento e ricostruzione delle catene dei contagi, aumento dei tamponi, coordinamento centralizzato dei posti letto ospedalieri, campagne di sensibilizzazione della cittadinanza.

In Croazia il forte deterioramento del quadro epidemiologico va ascritto alla politica fortemente aperturista del governo a fini economici e turistici, che rende oggi di fatto possibile l’accesso al Paese a qualsiasi cittadino di nazione terza senza quarantena, mentre in Spagna la riapertura indiscriminata di discoteche, locali notturni e pub ha portato ad un aumento vertiginoso dei casi costringendo il governo catalano a richiuderli in tutta fretta. Altrettanto forte la crescita in Aragona, Navarra e Paesi Baschi con la conseguenza che i principali "esportatori" di turisti (Regno Unito, Francia e Germania) hanno disposto la quarantena di 14 giorni per tutti coloro che provengono dalla intera Spagna e hanno dato indicazioni ai propri cittadini di non recarsi nella penisola iberica. Il caos spagnolo è conseguente anche alla cessazione dello stato di emergenza (in Spagna definito "commissariamento delle Regioni autonome") per cui, dopo tre mesi, le competenze sono tornate alle singole Regioni che procedono in ordine sparso.
Le indicazioni sono chiare: distanziamento fisico, uso corretto delle mascherine, igiene delle mani e degli ambienti di vita e di lavoro sono pilastri irrinunciabili alla base dei comportamenti individuali, mentre test e tracciamento rapido, limitazione tempestiva dei focolai di infezione e potenziamento dei servizi sanitari, sia ospedalieri sia e soprattutto territoriali, sono sempre più necessari per politiche pubbliche efficaci ed efficienti.

Non ci sarà ripresa economica senza sicurezza sanitaria, l’esempio di Stati Uniti e Brasile, dove le evidenze scientifiche sono state ignorate a favore di quelle economiche sono eclatanti: mai nella storia i due Paesi avevano avuto un tale tracollo, con gli Stati Uniti che stanno perdendo oltre il 30% del loro Prodotto interno lordo.
Speriamo che l’Italia, lodata dal Premio Nobel Krugman e dalla stampa internazionale per come ha gestito la prima fase dell’epidemia, non lo dimentichi.

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