Stare «zitti e buoni»? No, ma dissentire non serve se non si è buoni a seminare
venerdì 12 marzo 2021

Gentile direttore,
ho apprezzato l’articolo di Francesco Ognibene del 9 marzo dal titolo «Lo specchio del Festival e serie domande (credenti)» per la completezza e la profondità delle riflessioni; una frase però mi lascia perplesso: quando dice che è inutile gridare alla profanazione. Va bene rispondere con la propria vita alle provocazioni ma per il resto “zitti e buoni”, tanto per parafrasare la canzone vincitrice di Sanremo 2021? Sia concesso, a noi credenti, almeno di dissentire.

Alberto Saccani Albinea (Re)

Siamo in un Paese libero, gentile ingegner Saccani, dove vige una piena e anche abusata libertà di parola e di protesta. Non è un abuso, né necessariamente inutile, lamentarsi o comunque dissentire se e quando si prova un dolore morale o si vede toccati e offesi simboli cari e sacri. Francesco Ognibene ha semplicemente ed efficacemente ricordato, e io la penso esattamente come lui, che non stare “zitti” serve a poco se non si è “buoni” nella propria vita e nell’annuncio cristiano, che – come insegna il Papa – è sperimentare e testimoniare la gioia del Vangelo. Le pare forse un invito ad abbozzare rispetto a un mondo irrispettoso di Dio e dell’umanità? Il problema non sono soltanto certe sconcertanti messinscena di Sanremo, e sono certo che lei sa come e meglio di me che c’è tanto da dire e dare per cambiare e ben seminare. Buon lavoro a tutti noi.

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