giovedì 1 marzo 2012
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Caro direttore,
un plauso e un grazie ad Avvenire per il tenere alta la guardia sul tema della vita nascente. Mi ha colpito particolarmente l’ultima cosa che ho letto, riguardo l’aberrante selezione delle bambine che sta contagiando il Nord Europa: ma non mi stupirei se qualche ambiente nostrano, ritenendo così di essere progressista, cercasse i modi per estendere il 'contagio' anche all’Italia. In particolare credo che sia utilissimo il vostro pubblicare esperienze personali: come la coraggiosa testimonianza su 'Il buio di due aborti. Poi la luce della fede' egregiamente raccolta da Lucia Bellaspiga; come la bella lettera «Ho abortito, ora mi fido della vita» di una mamma di Alzano Lombardo (Bg) a lei indirizzata, direttore. Testimonianze del genere aiutano le persone a riflettere e discernere, risvegliano le loro coscienze, possono sostenerle nelle scelte spesso difficili quando si tratta di adottare con coraggio i giusti comportamenti. Perciò un invito ad Avvenire a incrementare questa azione di diffusione di storie di vita significative.
Donne, coppie, famiglie che le circonda, loro amicizie, tutti ne hanno un gran bisogno.
Grazie per l’attenzione. 
Nino, un nonno di Roma (con 11 nipoti)
 
 
Caro direttore,
le scrivo in merito all’articolo di Gian Luigi Gigli sull’infanticidio (Avvenire del 28 febbraio scorso) pubblicato in replica alle tesi sviluppate sul britannico Journal of Medical Ethics da Alberto Giubilini e Francesca Minerva: se il livello degli argomenti è questo, allora per gli stessi motivi che legittimano l’infanticidio per motivi di salute, economici e sociali, anche i figli dovrebbero poter chiedere di uccidere i genitori... Perché per i bambini un giudizio di condanna così severo, mentre per i genitori e gli adulti non varrebbe lo stesso criterio? Ma a questo punto di cosa stiamo parlando?
Virginia Lalli
 
Stiamo parlando, cara signora Lalli, di una deriva etica e teoretica drammatica e davvero mortale. È tempo di rendersene pienamente conto, tanto più che l’entusiasmo con il quale alcuni proclamano il non-essere-persone degli 'sconvenienti', prima e dopo la nascita, sta rivelando la realtà di pratiche e progetti disumanizzanti, facendo cadere il velo di falso buonismo (quello punteggiato dalle pietre dure delle invettive «anti-vitaliste» e anti-cattoliche e ricamato di stordenti ghirigori su «libertà» e «pietà»). Per questo contrastiamo senza esitazioni la deriva del 'no' alla vita scomoda, la deriva di chi nobilita a 'diritti' e persino a 'doveri' le tragedie dell’aborto, dell’infanticidio e di tante altre soluzioni finali: ha già contribuito a produrre troppi guasti nella vita delle persone e delle comunità.
A nonno Nino, invece, dico un semplice e affettuoso grazie. Ci aiuta davvero molto ogni conferma dell’utilità del nostro lavoro di cronisti che raccontano e che fanno raccontare «storie di vita».
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