mercoledì 21 settembre 2011
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Caro direttore,
a scriverle è una mamma con due figlie ormai maggiorenni. Con mio marito condividiamo in famiglia i valori del cattolicesimo e ne andiamo orgogliosi. Sono stata felice quando le ragazze hanno scelto di andare a Madrid, per la meravigliosa Gmg. Le scrivo perché le mie figlie, oggi a pranzo, mi hanno posto una domanda alla quale sarei lieta di trovare risposta, magari con il suo aiuto. Mi hanno detto le ragazze: ma perché la Chiesa, tramite chi la rappresenta, rimprovera lo stile di vita di un Vasco Rossi e invece tace sull’esempio scandaloso fornito dal presidente del Consiglio? Non dovrebbe la voce, la nostra voce, alzarsi chiara e forte contro simili manifestazioni di disprezzo per i valori che ci sforziamo di insegnare e testimoniare ogni giorno? Oppure il Potere giustifica qualunque cosa? Mi perdoni, direttore. Non ho saputo replicare alle mie figlie. Perché temo abbiano, purtroppo, ragione. Con affetto
Daniela Bertoni, Modena
Nella vicenda di cui parliamo, cara signora Bertoni, non è certo lei a doversi far perdonare qualcosa. Detto questo, mi permetto di aggiungere che aveva ben modo di replicare secondo verità alle sue figlie. Mi rendo conto, certo, che di fronte allo strepito di non pochi moralisti improvvisati la pacata fermezza della Chiesa cattolica e di chi, come lei dice, «la rappresenta» possa essere sembrata ad alcuni addirittura «silenzio». Ma la Chiesa sa fare il proprio mestiere di madre e maestra, mentre altri – magari nello sforzo di smaltire lunghe sbronze di relativismo e di rifiuto dei valori morali etichettati con sprezzo come «tradizionali» – mi pare che mettano in campo soprattutto un interessato entusiasmo da neofiti nel gridare allo "scandalo". Mi auguro, beninteso, che questi soprassalti etici producano qualcosa di buono e di duraturo. Resta il fatto che a proposito dello stile di vita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (un po’ ostentato e molto fatto emergere dai noti casi giudiziario-mediatici) ci sono state parole inequivocabili della Chiesa sin dal principio. Sin dal settembre del 2009, quando dal cardinale Angelo Bagnasco, arrivò in Consiglio permanente della Cei, il primo e solenne richiamo ai doveri di «sobrietà, disciplina e onore» (articolo 54 della Costituzione) spettanti a chi esercita un mandato politico nonché al compito di conformarsi con speciale coerenza ai «valori etici e morali». Concetti più volte ribaditi. E all’inizio di questo tormentato 2011 divenuti perorazione appassionata e forte a proposito dei casi che continuavano (e continuano…) a proporre una «rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé» e a riguardo – l’ho ricordato anche ieri rispondendo a un altro lettore – del «miscelarsi in modo sempre più minaccioso» della «debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale». Una situazione nella quale, ha sottolineato il presidente della Cei, «la collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale». Silenzio, questo? L’insegnamento morale cattolico è, del resto, semplice, chiaro e ben scolpito. È rivolto a tutti i credenti e a ciascuno di essi. E nella mia esperienza – di credente e di cronista – ho imparato che la Chiesa, nell’esercitare maternità e magistero, per il tramite di chi «la rappresenta», nel rapporto personale guarda negli occhi e chiama per nome mentre dal pulpito indica con nettezza il problema (il peccato), ma senza additare al pubblico ludibrio colui o colei che ne è protagonista o causa (il peccatore). Abbiamo perso tutti molto, se non ricordiamo più neanche questo. Ma qualcuno forse non lo ha mai saputo o si è nutrito di "leggende nere". Ovviamente chi avrebbe voluto un "editto" – clamoroso e specifico come la propria polemica – non può essere contento. Io personalmente non nutro tali nostalgie. Sono però contento che la Chiesa parli con fermezza a carità a tutti, piccoli e grandi, potenti e no. Lo dica alle sue figlie, io continuo a dirlo alle mie. Ricambio il suo affettuoso saluto.
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