martedì 16 febbraio 2016
 Si fa presto a dire euroministro del Tesoro
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Caro direttore,  il dibattito intorno alla proposta di un “ministro del Tesoro” comune per l’Eurozona ripropone la necessità, e l’urgenza estrema, di definire una svolta sostanziale nelle politiche economiche e finanziarie europee. Infatti, non si può non riconoscere che questa urgenza è in larga parte determinata dalle politiche mercatiste e monetariste attuate in ambito europeo, che hanno offuscato e distorto il progetto europeista originario, in cui le Acli e il cattolicesimo democratico continuano a riconoscersi con entusiasmo.  Tali politiche sono la causa della persistente deflazione che gela l’economia europea, degli alti tassi di disoccupazione, di un inaudito aumento delle disuguaglianze, dello sprofondamento nella povertà di larghe fasce del ceto medio europeo. Costituiscono altresì una delle minacce per il futuro dell’Unione. Non sono infatti i populismi a minare l’Europa. È vero semmai il contrario: sono queste politiche europee che generano il rischio dei populismi. Cambiare si può, ma si devono rivedere le priorità. Oggi al di sopra di tutto vi sono gli interessi della speculazione finanziarla internazionale. La domanda interna non si sblocca, vengono preclusi gli investimenti per il lavoro, viene smantellato il welfare per far sì che gli speculatori non abbiano da perdere nemmeno un centesimo, meno che mai che corrano il rischio di fallire, o addirittura di essere chiamati a render conto delle loro responsabilità. Bisogna allora definire nuove politiche finanziarie europee che ribadiscano il principio che la moneta appartiene al popolo, con tutto ciò che ne consegue.  L’emissione di nuova moneta deve tornare a essere considerata un asset degli Stati e non un debito, va ripristinato a livello nazionale il controllo del Tesoro sulla Banca centrale, visti gli effetti economicamente e socialmente deleteri della loro separazione. Questa ultima misura, da sola, permetterebbe di trasformare l’acquisto dei titoli che gli Stati non riescono a collocare sui mercati, in risorse liberate per il lavoro e lo sviluppo. Permetterebbe, in altri termini, di indirizzare il quantitative easing della Bce all’economia reale, anziché a sostegno dei derivati che ammorbano i bilanci degli istituti di credito. E di assestare un colpo mortale alla deflazione che impedisce la ripresa in Europa.  Si tratta, in definitiva, di superare l’austerità. Se il “ministro del Tesoro europeo” incarna questa svolta, ben venga. Altrimenti sarà solo un modo per riproporre un percorso senza vie d’uscita. *Presidente nazionale delle Acli
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