martedì 6 aprile 2010
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Da quando Valentina Tereshkova, nel 1963, aprì lo spazio alle donne, le astronaute non hanno più fatto notizia. Ma se in una missione spaziale sono tre, il fatto ha tutto il diritto di pretendere un po’ di spazio sulle pagine dei giornali. La quart’ultima missione dello Shuttle, infatti, felicemente partita ieri dal Kennedy Space Center della Florida, ha lanciato verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) un equipaggio di sette astronauti con a bordo una cospicua "quota rosa" composta dalle due americane Stephanie Wilson e Dorothy Metcalf-Linderburger e dalla giapponese Naoko Yamazaki. E la notizia non si esaurisce qui. Le tre astronaute, infatti, una volta raggiunta la Stazione Spaziale, si incontreranno con Tracy Caldwell Tyson, una collega che già da qualche giorno aveva raggiunto la Stazione a bordo di una Soyuz.Sul grande tappeto dello spazio, dunque, verrà calato un fantastico "poker di donne" e ciò costituisce un record. Il fatto ribadisce ancora una volta una particolare "par condicio" e dimostra che le donne hanno gli stessi diritti e le stesse capacità degli uomini, anche in condizioni apparentemente disagevoli o rischiose. Spesso relegate da una certa mentalità a ruoli di comprimarie, le donne hanno giustamente rivendicato una loro parità nei confronti del cosiddetto sesso forte, dimostrando in molte occasioni di cavarsela molto meglio. Sfogliando la storia dell’astronautica, scopriamo che fin dagli anni Sessanta del secolo passato erano state progettate missioni spaziali con a bordo equipaggi di ambo i sessi e insieme alla Tereshkova erano state selezionate altre quattro astronaute che avrebbero dovuto costituire la prima missione sovietica completamente femminile. Alcuni tragici incidenti nella fase di sperimentazione delle Soyuz indussero però ad abbandonare il progetto. Anche gli americani pensavano di inviare donne nello spazio e già nel 1960, nell’ambito delle missioni Mercury, tredici potenziali astronaute avevano superato gli stessi test degli uomini, sopravanzandoli addirittura nelle prove psicologiche, dimostrando maggior resistenza e stabilità. Ma anche in questo caso il progetto di spedizioni femminili nello spazio fu accantonato perché gli americani decisero di voltar pagina per puntare tutto sulla corsa verso la Luna. E va anche ricordato che le astronaute americane lavoravano in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini.Mentre questi, infatti, erano tutelati e protetti dall’esercito, loro erano considerate "cittadine comuni" e, per poter partecipare ai progetti, dovevano chiedere permessi ai loro datori di lavoro, senza tuttavia fornire spiegazioni a causa della segretezza delle missioni. Le quattro astronaute resteranno nello spazio per tredici giorni e rientreranno a terra il 18 aprile. Poi, alla fine dell’anno, anche le missioni Shuttle termineranno. E forse per questo motivo, prima di chiudere il libro, è stato deciso di dare alle donne un cospicuo spazio nello… spazio. Perché la parità dei sessi fosse scritta a grandi caratteri anche in cielo.
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