Avere chiaro il senso del limite e dunque non autodeterminarsi
sabato 11 settembre 2021

So di non sapere, è certo. Ha ragione Socrate: «È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi si illude di sapere e ignora così persino la sua stessa ignoranza». Con l’esperienza si cambia, e non tutte le certezze di ieri lo sono ancora oggi. E meno male. Siamo pellegrini alla continua ricerca di noi stessi nel mondo che ci circonda. Peraltro l’osservazione empirica della realtà, evidenzia le nostre manchevolezze e gli errori. Non sappiamo prevedere e governare tante vicende: le crisi economiche e ambientali, le migrazioni, le pandemie e le guerre che ci sfuggono dalle mani. Viviamo tra reazioni razionali e illogiche, assediati da paure, incredulità, credenze, suggestioni e strumentalizzazioni. Siamo in balìa dell’imprevedibile, che è fuori di noi e che in noi. E se questo limite è così evidente, come ritenere di possedere la capacità di autodeterminarci sino erigerci decisori assoluti su ogni cosa della nostra vita, dal concepimento alla fine? Oltre alle ipotesi eutanasiche, avanzano quelle di gravidanze per conto terzi (Gpa o "utero in affitto") sospinte da operatori del mercato dell’umano in cerca di lucrosi compensi. Appare illogico e claustrofobico.

Possiamo non credere che Dio esista, ma non possiamo credere di essere Dio. Avverto, quindi, un gran disagio dinnanzi alla deriva individualista radicale nella sinistra (non solo italiana) circa l’antropologia umana, in particolare verso l’idea del suicidio assistito e dell’omicidio del consenziente. Perché, a oggi, esattamente questo sarebbe l’esito dell’ipotizzato "referendum sulla eutanasia": la legalizzazione dell’omicidio del consenziente. Non mi sfugge certo l’atavico naturale desiderio di morire dignitosamente, ma la pretesa di autodeterminarsi sino a tal punto mi pare foriera di derive strumentali e pessime interpretazioni. Una scelta apparentemente limitata, che causa effetti illimitati. Quando, e cosa, è vita dignitosa? Arriveremo a valutare e catalogare la vita utile o inutile?

A breve, poi, affronteremo con estrema concretezza la sfida post-umana dell’«intelligenza inorganica», cioè dell’incontro tra manipolazioni genetiche, cibernetica e robotica. Ogni giorno milioni di persone si spengono per cause naturali assistiti dai propri cari e ove necessario dai sanitari che, lungi da accanimenti terapeutici, accompagnano il decorso per assicurare le minori sofferenze possibili. Chiunque faccia politica, e soprattutto chi si dice portatore di un’idea di sinistra, più che amplificare queste situazioni, credo dovrebbe risintonizzarsi - come suggerito da Franco Monaco su queste pagine, lo scorso 29 agosto - su popolari, primarie esigenze: il lavoro, la salute, l’istruzione, la capacità di gestire l’accoglienza delle persone che chiedono asilo… Questo compito, anche ad avviso di chi scrive, responsabilizza in particolare la corrente del cattolicesimo democratico co-fondativa del Pd. È sperabile che il Parlamento possa sfuggire alla canea faziosa sul tema della morte "a comando", individuando una circostanziata proposta. Più in generale, credo che i cattolici (che Giorgio Campanini, su "Avvenire" del 17 agosto, ha definito politicamente «ovunque e da nessuna parte») debbano essere più scomodi e profetici in questa società liquida. Pur sapendo di non sapere, sappiamo che la sofferenza è ineludibile, e allora dobbiamo sempre accudirla e cercare di darle senso. Gesù che ha assunto la natura umana passando per le atroci sofferenze della Croce, continua a dire a tutti, credenti e no, qualcosa di decisivo sul valore dell’umano.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: