giovedì 25 marzo 2010
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Caro direttore,sono un piccolo imprenditore, o meglio imprenditrice, della provincia di Bergamo, figlia di piccolo imprenditore degli anni Sessanta. Mando avanti da 15 anni l’attività di famiglia che sono riuscita a ingrandire e dà lavoro, oggi, a una cinquantina di persone, uomini e donne scelte con cura, ormai considerati facenti parti della mia famiglia! Abbiamo sempre lavorato molto, tutti quanti. Personalmente ho messo sempre a disposizione dell’azienda gli utili che la stessa generava. Vivo di stipendio, tolgo un compenso da amministratore di 3.000 euro al mese e mi pago le mie assicurazioni vita, infortuni e pensione integrativa. Il mio patrimonio consiste in una casa e un capannone per l’attività, tra l’altro comprati dal papà negli anni passati. Abbiamo tanto lavoro e ci sentiamo fortunati; abbiamo investito negli anni passati in ricerca e tecnologie e siamo in un settore considerato «nuovo» e in forte sviluppo, quali le energie rinnovabili. E allora qual è il problema, si chiederà? Il problema è che avendo a che fare con il settore edile, alcuni nostri clienti non pagano o pagano quando sono comodi; i fornitori, i dipendenti, l’Iva, l’Inps, gli F24 è nostra abitudine pagarli e allora visto che il lavoro l’abbiamo, il settore è nuovo e in incremento, ho deciso di mettere in gioco tutto il mio patrimonio e sono andata in banca chiedendo di darmi una mano. Budget, Business Plan, Bilancio, Utile di bilancio, tutto a posto: ho ricevuto persino i complimenti del direttore di filiale! In sostanza, per un prestito dove personalmente metto a garanzia tramite mutuo ipotecario tutti i miei beni immobili, questo non basta e la banca mi propone di richiedere ulteriori garanzie tramite i Confidi e tramite fideiussioni personali… in pratica la garanzia della garanzia della garanzia… La faccio breve: la banca in questo modo riceverebbe garanzie del 180% e ovviamente su un importo ben lontano da quanto richiesto! La cosa buffa è che pochi giorni fa il presidente dei presidenti di questa banca in un’assemblea pubblica organizzata dalle associazioni di categoria sul territorio ha detto davanti a una platea di circa un migliaio di imprenditori: «Siamo sempre stati presenti sul territorio e abbiamo sempre dato una mano alle nostre imprese. Venite da noi, con i bilanci e i piani di sviluppo della vostra azienda in mano, mettete in gioco anche voi il vostro patrimonio e noi saremo pronti ad aiutarvi». Proclami politici, solo politici, ma quanto siamo stanchi di questi bla bla politici: bianchi, rossi, verdi e a pois, li abbiamo provati tutti quanti negli ultimi anni… sono interessati solo ed esclusivamente alle loro belle poltrone e alle loro belle buste paga mensili! Non appena si siedono sopra alle loro belle poltrone diventano tutti uguali: fuori dal mondo e dalla vita reale! Forse ho capito male e il Megapresidente intendeva dire che gli dovevo portare i soldi scudati con l’ultima manovra, peccato che di soldi all’estero io non ne abbia mai avuti e quelli che avanzavano a fine anno li ho sempre investiti nella mia azienda per creare futuro per me e per i miei collaboratori! Peccato che mio padre mi abbia insegnato a rispettare il lavoro degli altri e a essere onesta perché adesso tutto quello che sono e che ho fatto non mi serve a nulla! Forse ha ragione Beppe Grillo quando dice: «State attenti, c’è un esercito di imprenditori onesti che non ce la fanno più e quando questi imprenditori onesti diventeranno anch’essi disonesti dovremo avere paura!». La ringrazio se vorrà darmi voce; faccia sapere a tutti gli italiani onesti che ci sono tanti, tantissimi imprenditori onesti come me che non ce la fanno più! L’intenzione è quella di andare via da questa Italia che non capisco e non riconosco e di ricominciare in un Paese civile dove la dignità di chi lavora onestamente non sia l’ennesimo ed inutile proclama politico. In calce la mia firma, cortesemente non la metta se decide di pubblicare questa mia lettera, non sono nessuno ma vorrei evitare la beffa oltre il danno!

Lettera firmata

Trovo straordinaria questa sua lettera, gentile signora. Perché riesce a trasmettere, al tempo stesso, scoramento ed energia positiva. C’è un’Italia che le somiglia e che noi di Avvenire cerchiamo di raccontare ogni volta che ci è possibile: è un’Italia che ha idee e valori forti, che lavora e produce mettendo l’anima in quel che fa, che viene sfidata ogni giorno da ostacoli che sembrano pensati apposta per umiliare chi – per cultura e convinzione – vuole stare nelle regole e si assume il rischio di partecipare alla fatica comune (senza pensare soltanto al proprio orticello). E quest’Italia – checché certuni dicano e scrivano e "sociologeggino" – è un’Italia vera, verissima. Anzi, è l’Italia. Poi c’è un’anti-Italia, il Paese dei furbi e dei lestofanti, dei maliziosi e dei miopi strutturali, dei parolai e dei seminatori di vuoto. La terra di quelli che non sanno neanche lontanamente (o, se lo sanno, fingono in tutti i modi di ignorarlo) che cosa significhi prendersi cura di persone e progetti e mettersi al servizio di una comunità, di un territorio, di un "bene" infinitamente maggiore di qualunque piccolo o grande tornaconto. E fa male e indigna trovare nuova conferma del fatto che ci sono grandi banche che s’impegnano a tenere aperti i propri sportelli solo e soltanto in quest’anti-Italia che assedia l’Italia vera. Io non so, cara signora, se abbia ragione Grillo a proposito dell’ira prossima ventura degli imprenditori onesti, ma so che ha ragione lei. Ha ragione in tutto tranne che nell’idea di gettare la spugna. Ma sono convinto che il pensiero delle cinquanta persone «di famiglia» che le stanno attorno e condividono con lei lavoro e progetti finirà per trattenerla dal mettere in pratica il proposito di abbandonare l’Italia. Lei che tiene testa alla crisi, continui a tenere testa anche agli anti-italiani, continui a dimostrare che c’è un ottimo modo di fare impresa e che questa non è l’«altra» maniera di essere in affari, ma semplicemente la maniera «giusta». Grazie per ciò che ci ha raccontato. Spero che serva a dare la sveglia a chi ha la responsabilità di governare il sistema del credito e a chi, anche in questi giorni, ci chiede il consenso per governare – nelle sue varie articolazioni – questo nostro Paese. I rischi di declino non si esorcizzano con le battute a effetto, gli spot e i comunicati stampa, ma lavorando perché le persone serie possano andare avanti e non andare via.
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