venerdì 30 novembre 2012
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Gentile direttore,
il professor Monti è sicuramente una persona di grandissimo prestigio e degna della massima considerazione, tuttavia, proprio per questo, dovrebbe essere nostro dovere oltre che interesse, accompagnarlo alle porte della città con tutti gli onori che merita. La sua ultima uscita a proposito della sanità pubblica non fa che confermare questo nostro dovere civico. Non so se il professor Monti sta prendendo molto più che sul serio l’applicazione del 'fiscal compact' e l’azzeramento del debito pubblico italiano o la previsione da qui a 40 anni fatta dagli economisti a proposito di spesa sanitaria; nel primo caso prende per buona un’ipotesi surreale, nel secondo preferisce suicidarci piuttosto di farci correre il rischio di un mal di pancia tra 40 anni, vista la ben nota validità delle previsioni degli economisti. L’unica cosa certa è che gli italiani non si stampano soldi durante la notte. Dopo aver più volte ripetuto che occorre ridurre le tasse, ora vorrebbe proporci un’assicurazione sanitaria obbligatoria o peggio ancora, una ulteriore introduzione di ticket che danneggerebbe proprio i più deboli. La differenza tra un tecnico eccezionale e un buon politico si vede proprio in questi frangenti. Scusi lo sfogo, ma come dice la saggezza popolare «quando ci vuole, ci vuole». Cordiali saluti
Sandro Bertoni, Bergamo
 
Se lei ha letto almeno un po’ ciò che stiamo scrivendo e documentando ormai da qualche tempo e con maggiore intensità negli ultimi giorni, gentile signor Bertoni, dovrebbe forse avere il dubbio che il presidente del Consiglio abbia indicato un problema di risorse del Servizio sanitario nazionale che non è soltanto reale e incombente, ma per tanti aspetti già lancinante. La nostra sanità, come tutto il nostro sistema di welfare, ha imboccato da alcuni anni la china rovinosa della insostenibilità e per "reggere" ha bisogno di ridiventare sostenibile. Detta così è semplice, ma per cambiare registro occorre molta competenza, pulizia, onestà e assoluto rigore nel riconoscere le priorità e nel mettere al primo posto i cittadini più deboli e meno ricchi. Non prendere atto dell’esigenza di preservare l’alta qualità complessiva del nostro sistema di salute pubblico (che non vuol dire esclusivamente "statale", ma caratterizzato in tutte le strutture accreditate da standard qualificati e garantiti e da una piena apertura a ogni malato) significa prepararsi a far male proprio ai più deboli e ai più poveri, perché i più ricchi e più forti – non c’è bisogno di essere un economista per capirlo, e non c’è bisogno di non essere un economista per azzeccare giudizio e previsione – si tutelano da soli. È evidente che vanno combattuti per prima cosa sprechi e abusi nella spesa sanitaria. Ma io, tanto per essere chiaro, ritengo spreco e abuso anche non chiedere una quota di partecipazione alle spese per i servizi sanitari di cui si usufruisce se si dispone di un reddito ragguardevole. E penso anche, come tanti altri, che sia giusto che i meno abbienti abbiano la garanzia di un servizio sanitario completo e i più abbienti integrino la propria 'copertura' con strumenti assicurativi ben calibrati. Sono anche d’accordo con il presidente Monti – che è un abile tecnico e un politico di grande equilibrio – sulla necessità di essere onesti con i cittadini. Bisogna capire i nodi, per scioglierli. E far finta che i problemi non esistano, non ha mai risolto nulla. Proprio questo è il lusso che non potevamo permetterci e che, invece, ci siamo concessi per troppi anni. Una sanità efficiente e solidale non è invece un lusso, ma un’esigenza essenziale e un indice di civiltà che non possiamo permetterci di far declinare per leggerezza o demagogia.
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