mercoledì 21 dicembre 2011
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​Che il governo Monti sia composto da galantuomini e che – almeno nelle speranze – esso possa davvero offrire al Paese una via di uscita dalla crisi di cui soffre è fuori di dubbio. Ad avviso di alcuni, però, sia pure con diverse accentuazioni, esso, per le modalità con cui si è formato, offrirebbe un esempio, pressoché inedito per l’Italia, di una «democrazia sospesa». L’espressione «democrazia sospesa» è molto forte e molto efficace: colpisce e fa riflettere e nello stesso tempo aiuta ad elaborare un giudizio non banale sulla situazione presente. Anche se c’è il rischio, come ha ammonito ieri il presidente Giorgio Napolitano, che venga usata con «grave leggerezza». Fatto sta che non solo certi polemisti, ma anche i costituzionalisti hanno, uno dopo l’altro, preso posizione al riguardo e la diversità che si manifesta tra le loro opinioni è indizio che una questione "democratica" nel nostro Paese esiste e che chi ha coniato quell’espressione ha il merito di averla saputo cogliere nella forma più concisa.Chi lamenta in Italia una «sospensione della democrazia» (pur dichiarandosi convinto della sua assoluta transitorietà) sottolinea un dato di fatto indiscutibile: nessuno dei membri dell’attuale governo risulta mai stato eletto, nessuno tra essi è stato mai impegnato in una battaglia elettorale, nessuno ha presentato al popolo sovrano, prima di diventare membro del governo, un suo programma politico, né lo ha discusso con l’elettorato. Siamo attualmente governati, insomma, da chi non abbiamo scelto per governarci. È in questo senso che la democrazia oggi sarebbe sospesa.Si obietta, però: nella formazione del nuovo governo tutte le forme costituzionali sono state puntualmente rispettate. Il capo del Governo è scelto, nel nostro sistema, dal presidente della Repubblica e non esiste alcuna indicazione costituzionale che dica che sia il premier, che i suoi ministri, debbano provenire dalle fila dei parlamentari: la Costituzione esige unicamente che il Parlamento voti la fiducia al governo e Monti ha ottenuto una fiducia incredibilmente ampia. Si aggiunga che col governo Monti abbiamo davanti agli occhi il più limpido esempio possibile di rigorosa divisione dei poteri, cioè del principale presupposto di ogni sistema democratico. Quando, a causa del ben noto "primato del Parlamento", si costituiscono governi composti da parlamentari il principio della divisione dei poteri subisce indubbiamente un vulnus. Questo vulnus non concerne ovviamente la democraticità del sistema. Questa anzi potrebbe apparire rafforzata, dato che il premier potrebbe in questo caso vantare, oltre alla nomina da parte del presidente della Repubblica e alla fiducia da parte del Parlamento, il sostegno popolare quantificabile attraverso il numero dei voti da lui ottenuti alle elezioni. Ciò che è in questione è la dimensione propriamente "liberale" del principio della divisione dei poteri, dato che esso serve appunto a questo, a garantire che nessun potere, per quanto democraticamente fondato, possa cedere alla tentazione di andare oltre i suoi limiti e prevaricare (ed è a questo che alludono coloro che, sensatamente, ci mettono in guardia dalla «tirannia della maggioranza»).Insomma, l’espressione «democrazia sospesa» non sembra corretta né se si guarda la vicenda del governo Monti prendendo in considerazione unicamente i formalismi costituzionali (tutti, per l’appunto, rispettati), né se si riflette su come esso sia rispettoso della dialettica della divisione dei poteri. Sarebbe probabilmente opportuno smettere di usarla, perché non prende nel conto dovuto il fatto che questo governo si è esplicitamente assunto come compito non quello di realizzare un (pur legittimo!) programma "politico" di maggioranza, ma quello di garantire (e speriamo che ce la faccia) la stessa "salvezza" del Paese. Il suo obiettivo insomma è quello di mettere da parte le ideologie e difendere il «bene comune» degli italiani, in un terribile momento di bufera finanziaria internazionale. E questa è propriamente l’unica, vera finalità della democrazia. Non perché è «governo di popolo» la democrazia è preziosa (il popolo, infatti, ce lo dimostra la storia, può anche governare malissimo e contro i propri interessi), ma perché in quanto governo di popolo è nel tempo stesso «governo per il popolo». Mai come nei momenti di crisi si percepisce quanto forti siano i vincoli che uniscono i cittadini e quanto sia importante capire e far capire che democrazia è certamente procedura, è certamente forma, è certamente calcolo dei voti, ma ancor prima è impegno per il bene di tutti.
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