Ricordatevi di Lee Cheuk-Yang serve il popolo, non se ne serve
domenica 11 aprile 2021

La condanna dei leader democratici di Hong Kong e il gran discorso di uno di loro «Ho un sogno: che un giorno ogni valle sarà innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati. La gloria del Signore sarà rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme…». Era il 28 agosto 1963 quando Martin Luther King pronunciò queste indimenticabili parole, al termine della marcia di Washington. Oltre mezzo secolo dopo, il 31 agosto 2019, nel contesto delle proteste popolari che per mesi ne hanno segnato la vita (quel week-end era il tredicesimo consecutivo di mobilitazione), a Hong Kong si tenne un’imponente manifestazione non autorizzata, alla quale presero parte molti attivisti democratici.

Pochi giorni fa, uno di loro, Lee Cheukyang – sindacalista ed ex parlamentare al Consiglio legislativo (Legco) – è stato condannato, insieme con l’ex presidente del Partito democratico Yeung Sum e il magnate Jimmy Lai. A breve, con tutta probabilità, per loro si apriranno le porte del carcere. Ebbene: nel discorso col quale ha ammesso la sua colpevolezza, Lee ha citato esplicitamente Martin Luther King e ha usato toni e immagini che richiamano da vicino le parole del pastore nero, icona della lotta non violenta. Parallelo esagerato? No. Quando Lee Cheukyang afferma con forza «Ho visto il mio ideale andare in briciole, ma io continuerò a lottare anche se l’oscurità ci circonda» è 'fratello' di King che, nel già citato, celeberrimo testo, dichiarò: «Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza».

Già. Una caratteristica accomuna il coraggioso attivista di Hong Kong, che sulle spalle ha 43 lunghi anni di lotte per i diritti e la democrazia, e i grandi protagonisti di battaglie politiche del passato (come Gandhi e Mandela, che egli stesso chiama in causa) ed è la decisione di consegnarsi a battaglie ideali in modo totale, senza calcoli di convenienza, senza mezze misure, senza tentennamenti. Chi ha cambiato la storia l’ha fatto non in obbedienza a mode passeggere o a slogan seducenti, ma perché ha dedicato tutto se stesso a una nobile causa, anche quando le circostanze consigliavano di mollare la presa e cambiare strada. «Negli anni 80 – ha ricordato Lee davanti ai giudici – ero presidente del movimento anti-apartheid di Hong Kong e ho sempre avuto presente la determinazione di Nelson Mandela quando durante il suo processo nel 1963 ha detto di 'un ideale per cui io sono preparato a morire'. Il suo ideale era l’uguaglianza per i sudafricani neri e per questo ha speso 27 anni in prigione». Un secondo aspetto va sottolineato. La scelta di fare politica e di impegnarsi per la collettività, prima che adesione a un gruppo o a una bandiera, è, per Lee Cheuk-yang, il frutto maturo di convinzioni e valori profondi.

«L’ideale della mia vita è la valorizzazione dei poveri e il parlare in favore degli oppressi, levarsi in piedi per i loro diritti». È qui che va rintracciato il senso di un’esistenza vissuta affrontando fatiche e ostacoli e condotta costantemente 'in direzione ostinata e contraria'. «La lotta è la mia vita – ha spiegato Lee –. Non posso immaginare la mia vita senza di essa». Non v’è dubbio che l’arringa di Lee Cheukyang sia stata costruita in funzione anche di un pubblico internazionale. Quando esordisce con «Credo che la storia mi assolverà », sta strizzando l’occhio a Fidel Castro e alla celebre frase con cui il leader cubano sigillò il suo discorso il 16 ottobre 1953, un paio di mesi dopo il fallito assalto armato alla Moncada. Ma, detto ciò, l’intervento di Lee è tutto tranne che l’astuta difesa di un opportunista o il testamento ideologico di un politicante.

Lee Cheukyang, infatti, è un credente genuino. Appartiene a una comunità, quella dei cristiani di Hong Kong, cui ben si attaglia la definizione «minoranza creativa» coniata da papa Ratzinger: un gruppo di persone che, coscienti del loro essere 'piccolo gregge', non ne fanno un alibi per il disimpegno, ma, al contrario, la molla per diventare lievito nella società. Battezzato nella Chiesa anglicana, Lee ha partecipato e partecipa attivamente alla vita della comunità cattolica di Hong Kong, insieme alla moglie Elizabeth, 'adottata' da un missionario del Pime. In apertura della sua arringa, non a caso, Lee aveva ricordato ai presenti: «Cristo è andato incontro al suo destino sulla croce, sacrificandosi per l’umanità».

Chi scrive ha avuto la fortuna di ascoltare Lee il 30 novembre 2019, quando – durante un fugace tour in Europa – incontrò a Lecco circa 500 studenti delle superiori. Se quel giorno riuscì a infiammarli, letteralmente, fu per la genuina passione civile che sa comunicare. E se, quel sabato mattina, d’incanto 500 mani si alzarono, in risposta al suo «Give me five!» fu perché altrettanti giovani italiani intuirono che quell’uomo aveva speso la vita per 'servire il popolo'. Nei fatti, non a parole. ©

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: