domenica 26 febbraio 2012
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Silvio Berlusconi è innocente. Silvio Berlusconi è colpevole. Ancora una volta due affermazioni pre– giudiziali e opposte come queste sono vere entrambe, grazie a quello strano gioco delle parti che ormai è la giustizia italiana. Non sapremo mai se l’ex–presidente del Consiglio abbia davvero corrotto l’avvocato inglese David Mills affinché dicesse il falso in due procedimenti penali: il presunto reato è prescritto. Niente di sorprendente, purtroppo, è ciò che accade più o meno 500 volte al giorno – ogni giorno, domeniche e festivi compresi – nei nostri tribunali. Stavolta fa notizia per la notorietà dell’imputato. E così, si diceva, il cittadino Silvio Berlusconi continuerà a essere innocente per coloro che già lo credevano tale e colpevole per quelli di opposta opinione (perfino un bravo magistrato–scrittore che forse confonde i due ruoli non ha resistito ieri alla tentazione di emettere la sua personale sentenza). È l’in–giustizia che rende permanente e inscalfibile il pre–giudizio. Comprensibili, perciò, dai rispettivi punti di vista, le intenzioni della procura di Milano e degli avvocati difensori di ricorrere in appello per ottenere un giudizio di merito. Meno comprensibile è il filo contorto che collega le tante, troppe tappe di questa emblematica vicenda giudiziaria. Un filo attorcigliato intorno a due paletti che sarebbe ora di sradicare: da una parte l’incertezza del diritto vigente in casa nostra, dall’altra l’esasperazione di un logorante scontro politico–giudiziario lungo quasi un ventennio e di cui ieri, a verdetto caldo, abbiamo avuto un supplemento di cui non si sentiva la mancanza. Non sembra di poter leggere altrimenti l’esito sterile ma, ripetiamo, incredibilmente ambivalente, di un processo cominciato nel 2007 e figlio di un’inchiesta avviata 10 anni fa. Da allora è successo di tutto. È accaduto perfino che la pubblica accusa modificasse il capo d’imputazione, sostenendo che il reato fosse avvenuto non nel 1998 bensì nel 2000, in modo da spostare più in là la data della prescrizione. Sforzo vano, che ha fatto comunque correre qualche brivido lungo la schiena di chi crede nella trasparenza e nella certezza del diritto. Una certezza che in questo processo (ma non soltanto in questo) non c’è mai stata, né nel merito né nel metodo, se è vero che fino a pochi giorni fa accusa e difesa si accapigliavano proprio sui termini di prescrizione, sostenendo, sulla base di calcoli differenti, l’una la possibilità di arrivare a una sentenza, l’altra l’avvenuta scadenza. Ieri, finalmente, i giudici del tribunale di Milano hanno certificato che il reato non è più contestabile da circa 10 giorni. Un buco nell’acqua scaturito, non dimentichiamolo, anche da iniziative prese in Parlamento. Se Berlusconi non è stato processato insieme al coimputato Mills, infatti, è solo per lo stop alle udienze impresso dal ricorso delle toghe alla Consulta sulla costituzionalità del cosiddetto Lodo Alfano, la legge che sospendeva i procedimenti penali a carico delle più alte cariche dello Stato. “Scudo” per il Cavaliere, dunque, che era presidente del Consiglio, ma non per il legale inglese, che finì condannato in primo e secondo grado, con prescrizione in Cassazione. Ed ecco di nuovo il pre– giudizio: colpevole il coimputato, colpevole anche lui... Ma l’altra fazione potrebbe rispondere che, nella sua deposizione, Mills ha scagionato Berlusconi, affermando di aver ricevuto quei 600mila dollari da altri. Altri strappi e scossoni sono seguiti dopo la sentenza d’illegittimità del Lodo Alfano, in particolare i progetti di legge sulla “prescrizione breve” e sul “processo lungo”, tentativi di cambiare le regole in corsa che hanno arroventato il clima politico per mesi, distogliendo le Camere e il governo da altri e più gravi problemi. Sul campo di battaglia rimane ora l’occasione di chiarire come andarono i fatti, insieme allo spreco di tempo, di risorse umane, di soldi pubblici e privati.
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