Rapida analisi di uno spot «innocente» ma non troppo (con piccola morale)
giovedì 3 giugno 2021

Caro direttore,
non sono tipo da “crociate”, ma quando è troppo è troppo. Segnalo un frase che passa inosservata nella pubblicità di una nota carta di credito in cui un papà si libera dal dover coccolare il bambino che piange di notte piazzandolo sul seggiolino della macchina. Così il bimbo si addormenta e finalmente, il papà, vagando nella notte, si «può dedicare a quello che conta davvero» (testuale), e cioè fare acquisti con la carta; acquisti ben più importanti dell’occuparsi del proprio bambino (!). Sarò esagerata, ma queste affermazioni, slogan di questo tipo mi infastidiscono davvero: si tratta di messaggi più o meno subliminali, ma nient’affatto casuali, che concorrono a formare una mentalità sociale secondo la quale vale più una nottata di acquisti che il tempo dedicato a un figlio. Almeno per questa pubblicità ci si può togliere la soddisfazione di protestare?

Maria Donelli Roma

Ho visto quello spot, cara signor Donelli. E non c’è dubbio che l’intenzione pubblicitaria sia soprattutto quella di esaltare l’agile e sicura evoluzione digitale (via smartphone) di un mezzo di pagamento relativamente recente, ma ormai tradizionale. Quanto alle cose “che contano per davvero”, non sembra esserci dubbio sul fatto che – secondo quanto suggerisce l’immagine conclusiva – esse siano un bimbo infine in braccio al papà che giochicchia con lui e una mamma che ha potuto dormire tranquilla. Nella sua memoria, cara amica, si è invece inciso e resta dominante il messaggio “consumista”. E perciò lo spot l’ha spinta a protestare e certamente l’ha allontanata dal prodotto che voleva promuovere. Che dire? Beh, per prima cosa, che lei ricorda una lezione generale e davvero utile anche ai professionisti della pubblicità: nonostante ciò che sappiamo sull’efficacia crescente (e devastante) di manipolazioni mediatiche e social, c’è per fortuna una quota crescente di persone giustamente esigenti, che neanche un prodotto tecnicamente ben fatto riesce a “conquistare” facilmente. E poi è interessante notare che quel messaggio, come molti altri di questi tempi, ha qualche margine di ambiguità, soprattutto se lo si ascolta senza guardarlo. Questo perché le persone e le parole decisive nella narrazione visiva – il “figlio”, il “papà” e la “mamma” –, nel testo recitato non ci sono mai e dunque non sono associate a “quello che conta davvero”. Parole e immagini insieme danno un risultato, separate – come è ben possibile – tutto un altro. E non è mistero che spessissimo la pubblicità, soprattutto nelle visioni successive alla prima, si ascolta ma non si guarda. Insomma, se si “neutralizzano” (non pronunciandoli più) concetti così forti e realtà così generative come quelle richiamate (papà, mamma…), lo spazio e il significato – ma guarda un po’! – se li prende interamente il mercato consumista. Come diceva un vecchio spot diventato proverbiale? Meditate, gente, meditate...

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI