sabato 19 giugno 2010
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Questa è la storia vera, benché nessuna della 104 ragazze romene costrette a prostituirsi sulle strade di Milano, si chiami Marinella. La storia vera è che dietro ogni falò acceso sulle strade dove le città sono già abbandonate periferie c’è un abisso di violenza, di miseria e di sopraffazione. Un inferno, nel quale le ragazze sono fatte precipitare. Scaraventate in un baratro. Cadute, e nessuna di loro ha scelto di cadere.Questa è la storia vera che per una sorta di ipocrisia troppi fingono di non conoscere. L’operazione condotta poche ore fa dai carabinieri di Monza, che ha portato all’arresto di una cinquantina di cinici sfruttatori, uomini biechi e cattivi, conferma, ancora una volta, quanto si è sempre saputo e qualche volta cercato di negare: questo "mestiere", per quanto mortificante e penoso, non è una scelta e non è mai libero. Ci pensi chi torna a evocare una "legalizzazione" della prostituzione, addirittura vantando possibili benefici per l’erario... Dietro l’amore comprato a ore, con lo sfruttatore che stabilisce il prezzo e prende una grande fetta del guadagno, c’è sempre un retroscena criminale avvilente e un dramma umano. Che suscitano brividi d’indignazione e che dovrebbe scatenare una volta per tutte un lancinante allarme sociale.Lupus est homo homini, da Plauto in poi ci confrontiamo con questa "sentenza". Che anche qui risuona. Perché gli sfruttatori e le sfruttate dividevano lo stesso sogno: la ricerca, in Italia, di una condizione di vita migliore. Sono romeni gli sfruttatori e sono romene le sfruttate, nei confronti delle quali i primi si sono dimostrati lupi feroci e affamati. In due anni, il traffico di sesso sulle strade del Milanese, ma anche a Pavia e a Rimini, ha fruttato circa 10 milioni di euro. E per ottimizzare il profitto, gli sfruttatori hanno sfoderato zanne paurose. Le indagine dell’Arma rivelano che l’affitto di un pezzo di marciapiede sul quale esercitare ogni sera il "mestiere", sentendosi ogni volta morire dentro, costava 100mila euro all’anno. E rivelano che le ragazze ancora minorenni era prese, di fatto rapite, in orfanotrofi della Romania e portate in Italia, abbagliate con il solito luccichio di una vita diversa e agiata. Soltanto qui, nel nostro Paese, che in certi luoghi è vagheggiato ancora come terra promessa, le sventurate scoprivano – già nell’abisso – che il luccichio sarebbe rimasto tale e provavano il sapore della disperazione, quella che ti induce a pensare che nulla può più salvarti. Chi osava ribellarsi sentiva ringhiare il lupo, e si ritrovava a stare di notte in inverno, seminuda al balcone, con i piedi in una catinella di acqua gelida. Chi ancora rifiutava di farsi scaraventare per strada, veniva azzannata, picchiata, fino ad averne le braccia spezzate e a ritrovarsi a dover "lavorare" con un arto ingessato.L’Italia ci ha provato a dire basta, qualche mese fa. E sono grondati titoli di giornale e fioccate polemiche. Con molta propaganda sono stati anche multati i "clienti". Ma, come sempre, regole e controlli hanno poi preso ad allentarsi. Continua a lottare, senza arrendersi e con lo sguardo fisso sulle persone azzannate dai lupi, la Chiesa. Con le sue suore, i suoi preti e i volontari laici, in giro anche loro di notte sugli stessi marciapiedi per convincere le prostitute a denunciare le belve che le tengono schiave. Non è una cosa semplice, ma chi riesce a spezzare le catene adesso vive un’altra vita: senza luccichii, ma libera, e almeno normale. Le storie vere di Marinella dicono tutto questo: chi ha una chance e apre gli occhi si libera, chi non chiude gli occhi (e non compra) libera.
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