Quando l’amore si rovescia e capovolge
giovedì 14 giugno 2018

È morta la madre di Ilaria Alpi: da 24 anni lottava per scoprire chi ha ucciso sua figlia, ma non c’è riuscita. Immagino che ora, nel mondo di là, le chieda perdono per aver fallito, ma immagino anche che Ilaria la ringrazi per non aver mai smesso di cercare, che vuol dire non aver mai smesso di amarla. Non si smette di amare un figlio, o una madre, semplicemente perché muore. La morte è un moltiplicatore dell’affetto. Muore un figlio, muore un genitore, ed è come se il mondo si svuotasse, perdesse ogni senso. In questo mese però è successa una cosa che non riesco a togliermi dal cervello, qualcosa che va nel segno opposto: in un’altra parte del mondo, in California, è morta una madre, ottantenne, si chiamava Kathleen Dehmlow, e i due figli hanno subito pubblicato un necrologio per dire: «Sei morta, e con la tua morte il mondo diventa migliore». Dunque aspettavano quella morte, la desideravano.

Trovandosi tra di loro, o anche solo telefonandosi, erano soliti scambiarsi qualche informazione: 'È ancora viva nostra madre?', 'Purtroppo sì'. Fino a quando è arrivata la notizia della morte, una notizia che ispirava loro una gioia così grande, che han voluto spartirla con tutti. Dicono anche perché, nel necrologio, affinché tutti capiscano: «Nel 1962 è rimasta incinta del fratello del marito e ha abbandonato i due figli [cioè 'noi'] che già aveva, e che sono stati cresciuti dai suoi genitori». Con ciò la madre ha detto ai figli: 'Voi andate per la vostra vita, non mi riguarda'.

Ora che muore, i figli rispondono: 'Tu vai per la tua morte, non ci riguarda'. Ma l’espressione 'non ci riguarda' è poco, perché parrebbe che tutto il mondo restasse come prima. Invece no, non è così, perché con la sua morte tutto il mondo 'migliora'. La presenza della madre non lasciava il mondo inalterato, ma lo peggiorava. La madre era un male. Era 'il' male. Quando ho letto quella notizia, figli felici perché la madre muore, ai primi di questo mese, m’è venuto in mente l’inizio di 'Lo straniero' di Albert Camus. Al protagonista di Camus muore la madre, nella prima riga del libro, e lui non ne soffre. Ma c’è una differenza enorme, tra Camus e questi due figli americani: Camus non ne soffre, ma questi ne godono.

Dice Camus: «Oggi è morta mia madre. O forse ieri, non so». Non lo sa perché ha appreso la notizia da un telegramma dell’ospizio, molto scarno: «Madre deceduta. Funerali domani. Condoglianze». Non si capisce se è morta oggi o ieri, e se le condoglianze son sincere o burocratiche. Allo straniero (io però avrei tradotto il titolo con 'L’estraneo') non importa niente della morte della madre, come non importa niente (lo capiremo nel corso del romanzo) della morte dell’algerino che lui stesso uccide, e neanche della sua propria morte. È l’indifferenza. Ma questi due figli della madre californiana non sono indifferenti, loro aspettavano la morte della madre, e perché? Per dirglielo. La morte della madre nell’indifferenza dei figli è un contrappasso alla vita dei figli nell’indifferenza della madre. La madre se n’è andata, e con ciò si è liberata della loro vita.

Loro si ammalano, e han bisogno di aiuto? La madre non c’è. Loro vengono ricoverati, finiscono in mano a un chirurgo, e han bisogno di conforto? La madre non c’è. La madre che non aiuta e non conforta è la negazione della madre. I figli che se la madre muore scrivono «finalmente il mondo è migliore», sono la negazione dei figli. La morte è un test. Non si abbandona la persona amata solo perché muore. Che folgorante inizio, comunque, quello di Camus! «Oggi è morta mia madre. O forse ieri, non so»: l’assenza di amore è questa, l’indifferenza. Quella dei due figli abbandonati non è indifferenza, è odio, che è amore rovesciato nel suo contrario.

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