sabato 21 novembre 2015
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La fotografia è immersa nella luce candida del mattino, altro che albe brumose padane. Il letto ha lenzuola, cuscini e piumone candidi, messi in serio pericolo dalle due tazze: tè o caffellatte, nessuno sano di mente le appoggerebbe lì. Ma la pubblicità non ha nulla a che fare con il neorealismo alla Rossellini e De Sica o con il dogma di Von Trier. La pubblicità si muove sui territori più intriganti del desiderio e allora sì, come sarebbe bello svegliarsi così. Due mani escono da sotto i cuscini brandendo due cornetti. Mano maschile e mano femminile, come i piedi che scodinzolano fuori dal piumone. Claim: “Ama il tuo prossimo come te stesso... basta sia figo e dell’altro sesso!”. La pubblicità è di Melegatti/social, e appena apparsa è stata ritirata. L’azienda dice addirittura di aver dato il benservito all’agenzia che l’aveva creata. Perché? Atteniamoci alle norme. Sembra di capire che il numero del Codice di autodisciplina pubblicitaria chiamato in causa sia il 10, su “Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona”: «La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione, compresa quella di genere». Forse abbiamo capito. La citazione parodistica e storpiata del più celebre, e fondamentale, comando evangelico potrebbe suonare offensiva nei confronti di una diffusa “convinzione religiosa”. Ma nessuna Chiesa ha sollevato alcuna obiezione. A protestare è stata l’Arcigay accusando Melegatti di omofobia. In effetti l’articolo 10 prevede la “discriminazione di genere”. Ma davvero c’è discriminazione? Se il claim fosse suonato così: “Purché sia figo e non dello stesso sesso”, in effetti sarebbe stato inappropriato. Ma così com’è, la pubblicità sembra debole, vecchiotta, poco impattante. Ma anche offensiva? Davvero gli omosessuali italiani se ne sentono offesi? Fatto sta che Melegatti s’è data alla fuga scomposta, scaricando tutto addosso all’agenzia, come se non sapessimo che una comunicazione pubblicitaria è commissionata e approvata, fin dalla fase progettuale, dall’azienda.  Il dubbio sorge spontaneo. Non è che viviamo in un clima di caccia alle streghe, di ipersensibilità del mondo gay organizzato, di vero e proprio terrore? Facciamo così, signori Melegatti. La prossima volta il claim sia: “Purché figo e dello stesso sesso”. Gli etero non protesteranno. Semplicemente, eviteranno il cornetto e si cucineranno i biscotti in casa.
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