giovedì 2 febbraio 2012
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L’equivoco è in agguato e la premessa, quindi, è quanto mai necessaria. Guido Lopez è stato uno studioso e uno scrittore più che rispettabile, autore tra l’altro di un best seller di notorietà non soltanto locale, "Milano in mano", che basterebbe da solo a certificare la sua passione per il capoluogo lombardo. Ma proprio perché era una persona seria, l’ottimo Lopez sapeva benissimo di non poter competere con Alessandro Manzoni. "Milano in mano" non è "I promessi sposi", insomma, e non lo è neppure "Storia e storie di Milano", il volume del compianto Lopez (è morto nel 2010, all’età di 86 anni) che l’amministrazione meneghina ha appena deciso di donare alle coppie che scelgono di celebrare il matrimonio con rito civile a Palazzo Reale.Nulla di strano, non fosse che fino a qualche giorno fa il libro-strenna era un altro: "I promessi sposi", appunto. L’iniziativa era stata introdotta nel 2003 dal sindaco Albertini e prevedeva, insieme con l’omaggio letterario, anche la consegna di un Tricolore alle nuove famiglie. Della bandiera non si sa, ma a quanto pare a Palazzo Marino sono finite le scorte del romanzo di <+corsivo_bandiera>don Lisander<+tondo_bandiera> (e sì che la Casa del Manzoni è lì a due passi, senz’altro una buona parola con i librai si poteva mettere) e di conseguenza si è pensato di trovare un rimpiazzo. Fuori Manzoni, avanti con Lopez, il cui libro – spiega il comunicato diffuso dall’assessore alla Municipalità e servizi civili, Daniela Benelli – vuole essere «un invito a scoprire la città in modo slow».Ora, a parte il fatto che se si scriveva "adagio" andava bene lo stesso (è un bellissimo avverbio, oltretutto, milanese e italiano nello stesso tempo, proprio come Manzoni e il Tricolore), provate a immaginare che cosa penserebbero a Londra se, per dire, si volesse sostituire Dickens con una guida Lonely Planet o con il pur indispensabile London A-Z. Non diversamente dai Promessi sposi, "Oliver Twist" è un mondo, non la mappa di un mondo: qualunque lettore di Dickens prova il desiderio di visitare Londra, mentre non è affatto detto che un turista a spasso per Piccadilly senta il bisogno di commuoversi per "La piccola Dorrit".Prima obiezione: Dickens è uno spasso, Manzoni è una lagna. Perdonabile luogo comune, favorito dal pregiudizio scolastico e dalla mancata conoscenza del monumentale Dombey e figlio. Ma se poi si prova a leggerlo sul serio, il gran romanzo manzoniano, ci si accorge che la Milano conosciuta dal povero Renzo non è poi così diversa dalla metropoli con la quale devono vedersela due sposini del 2012. Niente peste e niente caccia agli untori, però la crisi economica morde adesso come mordeva allora (avete presente l’assalto al forno delle grucce?). E sposarsi continua a non essere una passeggiata, slow o adagio che sia.Seconda obiezione, più preoccupante: c’è da aggiornarsi, c’è da andare al passo con i tempi. Vero, ma allora sarebbe il caso di accelerare sulla roadmap di Expo 2015 (ricorriamo all’inglese per non fare la figura dei provinciali: oh yes, direbbe il milanese Jannacci) e lasciare che i classici facciano il loro mestiere, che è quello di essere i contemporanei del futuro, secondo la formula scelta da Giuseppe Pontiggia come titolo di una sua raccolta di saggi. Anche perché, a leggerli nel modo giusto, I promessi sposi sono ancora adesso, e resteranno a lungo, una bella lezione di complessità. Ci ricordano, se non altro, che ogni progetto d’amore si pone sempre al cospetto della storia e che con la storia deve fare i conti. Mica male, specie di questi tempi.
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