Profughi inchiodati ai confini balcanici, vergogna che deve scuotere l'Europa
martedì 12 gennaio 2021

Caro direttore,

i reportage del suo giornale e le immagini che ci giungono dal campo profughi di Lipa in Bosnia ci fanno vedere scene inaccettabili. Alcune migliaia di persone costrette a vivere in condizioni disumane, con temperature sotto zero che vagano tra un campo devastato dal fuoco (doloso) e i gelidi boschi della montagna. Non c’è davvero nessuna ragione o argomento che possa giustificare il perdurare di condizioni drammatiche in cui versano donne, anziani, uomini e minori. Una vergognosa pagina di disumanità e violenza che non possono lasciarci indifferenti, né tollera silenzi, burocratiche giustificazioni o – ancora peggio – rimpalli di responsabilità. La solidarietà della società civile, dalla Caritas a diverse associazioni, ancora una volta, non si è fatta attendere ed è presente sul campo. Così come l’Agenzia della cooperazione italiana del Ministero degli Esteri da giorni collabora con la Croce Rossa per sostenere gli aiuti umanitari. Ma al di là di un giusto e necessario immediato intervento umanitario, a quei profughi si deve offrire una soluzione che li faccia uscire da una condizione disperata. È prima di tutto una responsabilità delle Autorità bosniache che non possono farsi scudo del malessere della popolazione locale, quando c’è ed è pronto a Bihac un campo profughi, finanziato dall’Unione Europea. Non può essere un alibi la resistenza di una parte della popolazione locale alla presenza dei profughi. C’è una responsabilità della Ue – principale finanziatore della Bosnia ed Erzegovina – nel rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono a una soluzione per i profughi di Lipa, individuando le più rapide modalità per utilizzare il campo profughi disponibile. Ma la vicenda di Lipa dice anche che non si possono gestire i flussi inseguendo l’emergenza. Secondo l’Oim in Bosnia ed Erzegovina è in corso una crisi civile, politica e istituzionale che sta degenerando in una catastrofe umanitaria. Una situazione aggravata da violenti respingimenti alla frontiera da parte della polizia croata che “Avvenire” ha documentato, che la stessa magistratura croata ha cominciato a valutare, che sono stati denunciati anche al Parlamento europeo e che impediscono ai richiedenti asilo di proseguire il loro viaggio verso l’Europa. Una somma di violazioni dei diritti umani che deve scuotere la Ue.

Serve uno scatto, un cambio di passo, una politica coraggiosa, una capacità di azione che dimostri che l’Unione ha un’anima. Possiamo veramente credere che la sola strategia dei respingimenti può risolvere il tema delle migrazioni? O che sia sufficiente finanziare campi ai confini esterni della Ue? Non è così, come dimostrano le troppe tragedie che continuano a consumarsi nel Mediterraneo e nella rotta balcanica. Non è più tempo di parole, è tempo di fatti.

Piero Fassino

Deputato del Pd, presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera


Il suo appello, gentile presidente Fassino, è giusto e giustamente pressante. Le sono grato per la forza e la chiarezza che lo caratterizzano. Speravo che il nostro lavoro di documentazione giornalistica sulla “rotta balcanica”, condotto da diversi colleghi e soprattutto con la consueta profondità ed efficacia da Nello Scavo, spingesse ad accendere (o, in qualche caso, a riaccendere) i riflettori dei media e soprattutto portasse a iniziative politiche come la sua e ad atti di responsabilità e di solidarietà come quelli che si stanno precisando in diverse sedi e nazioni europee. Rotta è una parola che ha due significati “via, itinerario” e “grave sconfitta, disfatta”. In questo caso entrambi suonano purtroppo appropriati. La strada faticosa e persino atroce dei profughi continua a coincidere con la disfatta civile e umanitaria d’Europa. Una traccia davvero vergognosa, che la neve di questo inverno durissimo rende evidente a chiunque abbia occhi per vedere.

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