venerdì 9 agosto 2019
In vigore l’atteso divieto generalizzato all'induzione al "gioco con vincite di denaro". Che, dopo gli errori delle linee guida, va ripristinato
Gli interessi economici sono forti e altrettanto lo deve essere la vigilanza in vista dell’interesse generale È compito del Governo e del Parlamento attivarsi per rendere effettive le nuove disposizioni a tutela dei cittadini, anche attraverso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (e non i Monopoli)

Gli interessi economici sono forti e altrettanto lo deve essere la vigilanza in vista dell’interesse generale È compito del Governo e del Parlamento attivarsi per rendere effettive le nuove disposizioni a tutela dei cittadini, anche attraverso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (e non i Monopoli)

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Oggi finalmente entra a regime il divieto generalizzato di pubblicità, anche di quella indiretta, concernente il gioco con vincite di denaro ovvero l’azzardo, effettuata su qualsiasi mezzo di comunicazione. Lo prescrive il cosiddetto Decreto Dignità della scorsa estate (art. 9 d.-l. n. 87/2018, conv. in l. 96/2018) ed è ormai nelle attese dell’opinione pubblica nazionale. Sappiamo quanto sia pesante il fardello, per singoli e famiglie, dei 'disturbi da gioco d’azzardo', come la più recente normativa qualifica quella che in passato era stata chiamata ludopatia e 'Avvenire' ha definito azzardopatia: una vera e propria emergenza sociale e sanitaria, ancorché tenuta sotto traccia e spesso occultata nelle pieghe del più generale disagio sociale. Una regola che ne vieti la pubblicità è dunque una garanzia a tutela dei consumatori ed è volta al più efficace contrasto delle patologie correlate che, a partire dal 2012, sono diventate oggetto di una maggiore consapevolezza da parte del legislatore e più in generale della politica, sino a essere inserite nella copertura dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). E se è vero che l’abuso del gioco d’azzardo coinvolge soprattutto i più giovani e le categorie economicamente e socialmente più fragili, è altrettanto dimostrato che la sua portata problematica coinvolge tutti i cittadini.

Avevamo perciò salutato con soddisfazione il legame esplicito tra il Decreto Dignità e le norme varate nel 2012, nel senso di continuare la strada allora avviata e di invertire le scelte adottate negli anni Novanta in tema di rapporto tra Stato e azzardo. Con miopia i pubblici poteri avevano infatti motivato nella promozione del gioco d’azzardo legalizzato e nella costruzione di una vera e propria 'economia dell’azzardo' lo strumento per contrastare la diffusione dell’azzardo illegale. E nello stesso tempo avevano mirato a ottenere un gettito aggiuntivo, che peraltro si è rivelato relativamente basso per l’Erario e assai favorevole per le società concessionarie. Attese ormai universalmente smentite: accurate relazioni della Commissione Antimafia (approvate e discusse nelle Legislature XVI e XVII) e rapporti della Direzione investigativa e della Procura nazionale antimafia documentano come proprio la criminalità organizzata sovente è venuta ad alterare i confini tra azzardo lecito e azzardo illegale. Tra la conversione in legge del Decreto Dignità e l’effettiva entrata in vigore del divieto 'assoluto' di pubblicità e sponsorizzazioni abbiamo tuttavia registrato comportamenti surrettizi e di segno opposto, anche all’interno dei pubblici poteri. Essi paiono improntati più a difendere l’assetto costruito in passato che non a dare fedele, coerente e integrale attuazione della volontà di Parlamento e Governo. Emblematiche di questi orientamenti sono alcune prese di posizione dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il legislatore, già da fine 2015, aveva individuato in essa, in quanto Autorità in posizione di terzietà, il soggetto competente all’irrogazione delle sanzioni per violazione del divieto di pubblicità, in sostituzione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Ebbene, l’Agcom ha adottato lo scorso aprile 'linee-guida' e il 24 luglio ha trasmesso una 'segnalazione'. Il primo documento a molti osservatori è apparso, dal punto di vista sia procedimentale sia contenutistico, non consonante con la lettera e l’indirizzo generale che ha espresso il legislatore. L’Autorità, che ha rivelato di aver lavorato alle linee guida consultando i Monopoli, richiama ed enfatizza una capziosa distinzione tra 'pubblicità dei giochi', vietata, e 'informazione sui giochi', ammessa (ricordiamo che si parla di azzardo e non di giochi). Una linea di demarcazione che non trova agganci espliciti nella normativa vigente. A tutto voler concedere, la distinzione potrebbe essere accolta soltanto ove si restringa rigidamente la nozione e l’ambito dell’'informare' sul gioco. Non vi è infatti alcuna equazione tra azzardo 'lecito' (confinato dalla legge) e azzardo 'responsabile' (al riparo da conseguenze sociali e sanitarie). In parole povere, i giochi d’azzardo in concessione provocano patologie cliniche analoghe a quelle arrecate dai giochi d’azzardo fuori dalle regole. Ovvio, del resto, che i confini tra 'induzione' all’azzardo e 'informazione' sull’azzardo possano essere abilmente valicati.

Con il secondo documento l’Agcom ha inteso rappresentare «alcune criticità interpretative e le problematiche applicative rilevatesi». In quelle 30 pagine, in verità, più che l’analisi delle 'criticità' sembra prevalere la critica alle scelte del legislatore, in quanto il divieto generalizzato di pubblicità e le sue conseguenze sanzionatorie appaiono all’Autorità «irrazionali e non proporzionati». Insomma, da un lato la base normativa su cui l’Agcom fonda la propria 'segnalazione' è debole: l’Autorità ha la competenza di rappresentare «al Governo l’opportunità di interventi, anche legislativi, in relazione alle innovazioni tecnologiche e all’evoluzione, sul piano interno ed internazionale, del settore delle comunicazioni». Dall’altro lato, il senso complessivo del documento è chiaro, e confermato dall’invito finale a una riforma complessiva dell’intera materia in grado di contrastare, sì, l’azzardopatia, ma «nel rispetto della iniziativa economica privata in particolare laddove la stessa sia assentita e concessa dallo Stato». Ed è proprio questo il punto cruciale. Garantire l’iniziativa economica privata e tutelare la concorrenza non confliggono affatto con la potestà degli Stati membri dell’Unione Europea di contrastare i danni alla persona, all’economia e alla società che sono provocati dal gioco d’azzardo, lecito e no. Proprio la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha chiarito, da almeno un quarto di secolo, che spetta agli Stati membri determinare l’ampiezza della tutela d’impresa con riferimento al gioco d’azzardo, e che tale discrezionalità ha un duplice fondamento: da un lato, le esigenze della sicurezza e dell’ordine pubblico, «in presenza di un fenomeno che si presta a fornire l’habitat ad attività criminali»; dall’altro per le negative conseguenze individuali e sociali del gioco d’azzardo in sé. Esigenze che la nostra Corte costituzionale (sent. n. 300 del 2011, ma si veda già la sent. n. 237 del 1975) ha posto in rilievo con grande chiarezza.

D'altra parte, è paradossale che il monopolio fiscale dello Stato sia declinato da Agcom come foriero della libertà d’impresa per stimolare il consumo, sia pure «responsabile» (e ci mancherebbe anco-ra!), di un 'genere' qual è il compendio di scommesse, giochi di denaro, slot machine e lotterie. Almeno a partire dal 2012 il 'chiasmo' monopolio statale-libertà d’impresa dell’azzardo non sembra più proponibile… Sarebbe dunque opportuno che Agcom valorizzasse la scelta legislativa di farla subentrare all’Agenzia dei monopoli come autorità sanzionatoria in questa materia, evidentemente volta ad affidare tale delicata competenza a un’autorità più distante rispetto all’insieme degli interessi cui è preposta l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm, interna al Ministero dell’Economia), e dunque meglio in grado di cogliere quelle preoccupazioni di difesa sociale e di tutela della salute che ispirano il divieto di pubblicità. Una misura particolare, ma coerente con la più generale azione di contrasto al gioco d’azzardo. In questo senso l’Agcom dovrebbe 'rimeditare' (o comunque va indotta a ripensare, e va messa nelle condizioni operative e organizzative che favoriscano ciò) anche l’orientamento espresso di avvalersi dell’Adm per lo svolgimento dell’attività di vigilanza. L’ invito è adesso a un’azione politica che non si limiti a fare approvare una norma di legge, ma che se ne sorvegli attentamente l’attuazione a livello regolamentare e amministrativo, tanto più in settori economici dove vi sono interessi consolidati: che rischiano di essere più forti della stessa autorità amministrativa chiamata a regolarli e a controllarli in vista dell’interesse generale o, se si vuole, del bene comune. Spetta ora all’Esecutivo e alle Camere attivarsi affinché, secondo il principio di leale collaborazione, tutte le pubbliche amministrazioni concorrano a far valere come effettive le nuove regole in tema di pubblicità e sponsorizzazioni. E affinché tutti cooperino a difendere cittadini e consumatori, e non a difendersi dalle nuove regole.

Renato Balduzzi, giurista, è ordinario nell’Università Cattolica di Milano e già ministro della Salute Maurizio Fiasco, sociologo


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