Porpore nel segno di missione e dialogo
martedì 3 settembre 2019

Vocazione missionaria, nel solco del dialogo interreligioso, del sano dialogo con il mondo pluriculturale e della Laudato si’. La lista degli ultimi tredici prelati candidati alla porpora provenenti dall’Europa, dall’America Latina, dall’Africa e dall’Asia sembra calcare una prospettiva ideale oltre le frontiere per un Concistoro che è stato significativamente annunciato da papa Francesco nella Giornata mondiale di preghiera per il Creato e che si svolgerà il prossimo 5 ottobre alla vigilia dell’oveurture del Sinodo sull’Amazzonia. Un’assise che chiamerà a riflettere sui nuovi cammini per la Chiesa nella crisi di un contesto globalizzato. Di quest’ultima chiamata alla porpora, che riguarda anche tre ultraottantenni, una prima caratteristica balza infatti subito agli occhi: la maggioranza è di religiosi appartenenti a ordini tradizionalmente missionari. Ben tre gesuiti, un salesiano, un comboniano, un vescovo dei frati cappuccini, un altro dei Servi della Divina provvidenza, un altro ancora dei Missionari d’Africa. Otto su tredici sono religiosi.

E ben quattro di essi sono o sono stati intensamente impegnati sul terreno del dialogo interreligioso. In particolare con l’islam. Come evidenzia la scelta del comboniano spagnolo Miguel Angel Ayuso Guixot, nominato lo scorso anno presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso per proseguire con decisione la strada intrapresa e intessuta in questi anni specialmente verso gli ambienti accademici dell’islam sunnita del Cairo dal suo predecessore, il cardinale Jean-Louis Tauran.

Scelta che appare un riconoscimento congiunto, se unita a quella dell’ultraottantenne vescovo inglese Michael Louis Fitzgerald, dei Padri Bianchi, per molto tempo spesosi nello stesso dicastero e negli ultimi anni del suo servizio proprio nella nunziatura apostolica in Egitto. A loro si aggregano il salesiano di origini spagnole Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, divenuta una piazza chiave nel dialogo interreligioso e nella difesa dei diritti dei migranti, a cui si lega, in terra asiatica a maggioranza islamica, l’arcivescovo di Jakarta in Indonesia, Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo.

Nomine, dunque, con le quali, considerati i contesti, dopo gli ultimi viaggi negli Emirati Arabi Uniti e in Marocco, papa Francesco non ha mancato di rimarcare la necessaria prospettiva indicata dal documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi con Ahmad al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar. Dei dieci nuovi cardinali elettori, anche i due vescovi diocesani in Europa sono missionari aperti alle frontiere: il lussemburghese Jean-Claude Höllerich, gesuita, che ha trascorso molti anni della sua vita in Giappone, e l’italiano arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi formatosi nel movimento di Sant’Egidio, sacerdote attento al prossimo e da sempre prossimo alle realtà dell’emarginazione.

E che in passato non ha lesinato di adoperarsi come mediatore in trattative di pace, nell’opera di risoluzione di conflitto in Mozambico, non a caso prossima meta del viaggio apostolico di Francesco nel segno della pace, dell’incontro e del Creato. E sempre oltre le frontiere, ma nel segno del dialogo interculturale, c’è anche l’archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, l’arcivescovo teologo e poeta portoghese, José Tolentino Mendonça (prestigiosa firma di 'Avvenire').

Sorprende poi che tra le nomine curiali il gesuita Michael Czerny, nato in Cecoslovacchia e istruitosi in Canada e negli Stati Uniti, non sia neppure vescovo. Ma Czerny è l’attuale sottosegretario della sezione Migranti del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e insieme all’impegno per i migranti e rifugiati, il religioso, cultore della Laudato si’, avrà il ruolo chiave di segretario speciale nel prossimo Sinodo per la regione Panamazzonica. In questa prospettiva si annovera pure la scelta del guatemalteco Alvaro Leone Ramazzini Imeri, vescovo di Huehuetenamgo distintosi per l’impegno decennale e coraggioso a favore delle popolazioni indigene massacrate da regimi sanguinari e assediate da sfruttamenti e oppressioni.

Ramazzini Imeri, fin da quando era vescovo di San Marcos, dal 1989 al 2012, ha ricevuto minacce di morte per la sua disponibilità a sostenere le popolazioni per il diritto alla terra. Il profilo dei nuovi cardinali mira così a rimarcare quello spirito missionario disposto a identificarsi con i poveri in una dimensione universale di fraternità, che raccogliendo il grido delle sofferenze dei popoli e al medesimo tempo quello della terra ferita, nostra «casa comune», sappia indicare con chiarezza e onestà tale prospettiva di vita e di azione nella Chiesa. Aliena alla divisione, l’indifferenza, l’ostilità.

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