martedì 29 giugno 2010
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Caro direttore,forse in nessun Paese del mondo la situazione dei cristiani assomiglia oggi a una "via crucis" come in Iraq. Sono 65 le chiese colpite da attacchi negli ultimi anni. Tra i martiri si contano 8 sacerdoti e un vescovo. È più difficile accertare il numero dei civili uccisi: 310 in un elenco con nome e cognome. Ma secondo altre fonti attendibili, sarebbero almeno 710 fino alla metà del 2009. Esagerazioni? Stando alle statistiche della insospettabile Amnesty International da almeno due decenni il Cristianesimo è la religione più perseguitata nel mondo. Del resto, con uno sguardo retrospettivo, vediamo che nel crudelissimo secolo scorso (il Ventesimo) vi sono stati 12.692.000 cristiani martirizzati nel mondo; dei quali 5.343.000 preti e seminaristi; 4.872.000 religiosi e religiose; 126 vescovi e 2.351.000 laici. Oltre, quindi, 12 milioni di cristiani martiri. Dobbiamo, però, riconoscere anche un’altra realtà nella Chiesa. Il Papa Benedetto XVI recentemente ha puntualizzato: «Oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Il Papa dimostrando, ancora una volta, di non aver paura di chiamare le cose con il loro nome ha ribadito: «La Chiesa ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, accettando la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia». E ha poi scandito: «La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Quindi la nostra fede ha fondamento, ma c’è bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi».

Renato Perlini, Verona

La sintesi che lei fa, caro amico, è dura e dolente. E anche se i lettori di Avvenire conoscono già i tristissimi numeri delle persecuzioni anticristiane, vederli grandinare in pagina fa male ogni volta come se si trattasse di una scoperta nuova. In nessun momento, poi, possiamo dimenticare che in quelle cifre sono contenuti nomi, volti e storie importantissimi proprio perché sconosciuti al mondo e a tanti tra gli stessi fratelli di fede. Quelle sofferenze personali, familiari e comunitarie sono il possente grido muto che si è alzato dal Novecento e che continua a scuotere questo secolo ancora giovane. Accostare a tali terribili tribolazioni le ferite inferte alla Chiesa cattolica dal «peccato» commesso al suo stesso interno è, dunque, una scelta di sconvolgente chiarezza. E francamente non so quanti tra i "lontani" (e anche tra taluni laici attenti) se ne siano resi conto sino in fondo. La parola vigorosa del Papa, gentile signor Perlini, ancora una volta ci aiuta a misurarci senza infingimenti con la realtà. E, al tempo stesso, ci indica le vere ragioni della speranza.
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