martedì 26 novembre 2019
La violenza contro le donne non è un fenomeno emergenziale, ma è un fenomeno strutturale di natura culturale, che investe in modo trasversale ceti sociali, livelli di istruzione...
Per una convivenza fondata sul rispetto
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La violenza contro le donne non è un fenomeno emergenziale, ma è un fenomeno strutturale di natura culturale, che investe in modo trasversale ceti sociali, livelli di istruzione e di benessere materiale. I dati dell’ultimo rapporto Eures lo confermano in maniera chiara. Sono stati 142 i femminicidi nel 2018, in gran parte avvenuti in famiglia e per motivi legati a gelosia e possesso. Sono oltre 3 milioni e mezzo le donne che hanno interrotto una relazione in cui subivano almeno un tipo di violenza fisica, sessuale o psicologica. I dati portano alla luce due questioni fondamentali.

Da un lato, aumentano le denunce per violenza sessuale, stalking e maltrattamenti. Segno che gli strumenti messi a disposizione delle donne per denunciare funzionano meglio o, perlomeno, sono più conosciuti di qualche anno fa, anche se una parte consistente di molestie, in casa o sul luogo di lavoro, restano nell’ombra non solo a causa della paura, ma anche del giudizio sociale che ne può conseguire. Dall’altro, i femminicidi aumentano in controtendenza rispetto agli altri omicidi, che diminuiscono, e ciò succede anche in presenza di una legislazione di repressione ormai consolidata. Queste informazioni forniscono un’indicazione di lavoro sulla quale la Commissione di inchiesta sul femminicidio si sta impegnando. Non possiamo infatti illuderci che questo fenomeno si possa affrontare con un’impostazione parziale fondata sulla sanzione penale fino, come qualcuno propone, al ricorso alla castrazione chimica. Ciò che va cambiato sono i pregiudizi e gli stereotipi diffusi nella società per promuovere, uomini e donne insieme, un nuovo modello di convivenza fondato sul rispetto.

È una raccomandazione fatta spesso anche dal Papa, che ha condannato in più occasioni il machismo e la violenza contro le donne, richiamando tutti al rispetto del ruolo femminile nella famiglia e nella società. Le politiche pubbliche dei prossimi anni hanno quindi un faro da seguire: costruire un palinsesto culturale diffuso e condiviso di contrasto alla violenza. Il quadro normativo attuale è infatti consolidato: dal nuovo diritto di famiglia, alla Convenzione di Istanbul, al delitto di stalking del 2009, dalla legge sugli orfani di femminicidio fino al più recente Codice rosso. Molto resta da fare invece sul piano dell’educazione e della formazione. Bisogna costruire un sistema multilivello, che parta dall’educazione al rispetto e arrivi a prevedere una formazione specialistica nelle università per tutti gli operatori che possono incontrare una donna vittima di violenza.

È ciò che sta mettendo in luce il lavoro della Commissione sul femminicidio, attraverso audizioni e sopralluoghi nelle procure e nei centri antiviolenza. Forze dell’ordine, magistrati, avvocati, infermieri, medici psicologi devono sapere riconoscere la violenza, anche attraverso quei 'reati spia' che precedono gli episodi più gravi e sapere come reagire. È necessario inoltre scongiurare i rischi di vittimizzazione secondaria che corrono le donne dopo aver trovato il coraggio di denunciare, e occorre monitorare puntualmente anche l’area al di fuori del penale, come quella delle separazioni, in cui permangono situazioni a rischio. Questo ambito riguarda anche gli operatori dell’informazione, giornalisti e comunicatori, perché non si può più parlare nelle cronache di 'dramma della gelosia', 'raptus di follia', 'amore malato', visto che il linguaggio è cultura. Ieri si è celebrata, con iniziative e manifestazioni ovunque, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Come Commissione parlamentare abbiamo deciso di dedicarci alle molestie sul lavoro, ambito di autonomia delle donne, e proprio per questo abbiamo avuto in Senato un’importante discussione con la presidente Maria Elisabetta Casellati, la ministra Elena Bonetti, l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso, Marcella Panucci di Confindustria, la consigliera nazionale di parità Francesca Bagni Cipriani e Linda Laura Sabatini, già direttrice dell’Istat. L’impegno continua. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha appena sbloccato il fondo da 12 milioni di euro per finanziare borse di studio, spese mediche, formazione e inserimento al lavoro degli orfani di femminicidio. Auspico inoltre che possano essere approvati a larga maggioranza gli emendamenti alla legge di Bilancio che prevedono maggiori risorse per i centri antiviolenza, incentivi all’assunzione per le donne vittime in modo che possano reinserirsi nel mondo del lavoro, estensione del congedo di paternità per rafforzare una nuova cultura della famiglia.

Senatrice Pd, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere

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