domenica 6 giugno 2010
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L’affermazione suona quasi provocatoria, ma è lo stile a cui ci ha abituato il Papa-teologo. «Il mondo ha bisogno della croce», ha detto ieri sera Benedetto XVI, nell’unica omelia finora tenuta nel corso della visita a Cipro. E forse val la pena partire da qui, da queste parole pronunciate significativamente nella chiesa di Santa Croce, circondata dal filo spinato lungo  la linea di demarcazione che divide in due il Paese, per capire il senso profondo di un viaggio difficile in una terra lacerata.A Cipro, crocevia politico e religioso di identità e conflitti, c’è il rischio di perdersi nei meandri di una storia che ha spezzato la geografia con la violenza di una guerra civile le cui ferite, dopo trentasei anni, non si sono ancora rimarginate. Ma solo la croce, dice il Papa, può porre fine all’odio e a sofferenze come quelle che sono state ricordate più volte in questi giorni dalle autorità cipriote. Di fronte ai discorsi roboanti del capo della Chiesa ortodossa che ha voluto far sentire il suo grido di dolore a tutto il mondo, denunciando l’occupazione turca e la profanazione continua degli edifici religiosi, qualcuno forse si sarà meravigliato del tono apparentemente remissivo tenuto dal Pontefice. Ma sarebbe sbagliato considerarlo semplicemente frutto di una prudenza diplomatica. Al contrario è l’esito di quella «pazienza del bene», come ha detto Benedetto XVI con un’espressione inedita e suggestiva, che dovrebbe essere l’atteggiamento di coloro che credono nella realtà misteriosa ed efficace della croce.È questo il messaggio fondamentale che il Papa sta delineando durante quest’intensa visita pastorale. La pace ha bisogno dei cristiani che hanno «un ruolo insostituibile per la riconciliazione tra i popoli», una riflessione che non a caso si sviluppa in questo lembo di Terra Santa, nell’isola che vide il primo viaggio missionario di San Paolo ed oggi intende essere ponte tra cattolicesimo e mondo ortodosso, tra Europa e Medio Oriente. È un messaggio rivolto prima di tutto all’interno della Chiesa, ai cattolici che devono essere promotori di «una maggiore unità nella carità con gli altri cristiani ma anche del dialogo interreligioso», ha ricordato il pastore della Chiesa universale al piccolo gregge che spesso si è sentito abbandonato e dimenticato. La visita di Benedetto XVI, la prima di un Papa a Cipro in duemila anni di storia, ha rappresentato un evento colmo di gioia e consolazione per la minoranza cattolica dell’isola. Ma il Pontefice è andato oltre e l’ha invitata a trasformare il peso storico delle sofferenze in opportunità di dialogo con i musulmani. Una sfida coraggiosa se si pensa che è stata lanciata a chi dovette subire l’islamizzazione forzata nel nord dell’isola. Parole molto impegnative che hanno avuto un riscontro concreto nell’abbraccio caloroso tra il Papa ed uno sceicco musulmano della comunità turco-cipriota, un gesto carico di simbolismo avvenuto lungo la "linea verde" che taglia in due l’ultimo Paese diviso d’Europa dopo la caduta del Muro di Berlino. «I musulmani sono nostri fratelli», ha detto Benedetto XVI sull’aereo che lo portava a Cipro, un’espressione che finora era stata usata solo da Giovanni Paolo II. Una fratellanza non facile in Terra Santa dove si fa sentire il peso quotidiano delle sofferenze e i cristiani sono tentati d’andarsene. Ma chi rimane diventa «un segno straordinario di speranza per tutti quanti vivono nella regione». Ecco perché il mondo ha bisogno della croce.
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