venerdì 10 luglio 2015
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«Non un traguardo, bensì un punto di partenza». Ha ragione il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini a commentare così il via libera definitivo alla riforma della scuola. Infatti, al di là delle 100mila assunzioni – graduali ma cadenzate e certe – di docenti precari portate a casa (riconoscendo una legittima aspettativa di chi da anni opera nella scuola), il provvedimento approvato ieri dalla Camera vuole e deve essere qualcosa di più. A cominciare dal forte richiamo alla autonomia scolastica di cui si parla sin dall’inizio del testo, fortemente voluto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nella sua strategia riformatrice che ieri, comunque lo si voglia guardare e giudicare, ha centrato un obiettivo. Ma appunto, spetta ora al Ministero di viale Trastevere curare con grande attenzione, a partire da oggi, la prospettiva indicata. Più volte, infatti, si è sottolineata l’importanza di far sentire insegnanti e studenti, genitori e dirigenti e personale non docente parte di un’unica comunità educante, capace – proprio grazie all’autonomia – di diventare protagonista autentica del proprio agire. A partire dalla elaborazione del piano dell’offerta formativa in cui guardare al proprio interno e decidere le modalità per offrire ai propri studenti percorsi di crescita non solo nella conoscenza, ma anche dell’intera persona. Altro elemento di novità è l’introduzione dell’organico funzionale, che permetterà di realizzare quei progetti studiati nel piano dell’offerta formativa utilizzando docenti che non hanno una loro cattedra, e che però risulteranno importanti per dare vita alle iniziative di integrazione e arricchimento del percorso scolastico. Anche il richiamo alla collegialità è un fattore importante per la scuola che presto verrà. Collegialità che coinvolge pure il dirigente scolastico, chiamato a rispondere delle proprie scelte e decisioni attraverso una valutazione triennale del proprio operato. Passaggio quest’ultimo tutt’altro che secondario, e non abbastanza sottolineato. Collegialità che, nel rispetto dei ruoli, non può non coinvolgere anche i genitori. In quest’ottica il richiamo fatto dallo stesso Ministero al «consenso informato» circa le attività che esulano dai programmi ministeriali, rappresenta sia la salvaguardia di un diritto costituzionale dei genitori come primi educatori dei propri figli (soprattutto su temi sensibili), sia un seria chiamata alla responsabilità delle famiglie, affinché siano più presenti nella scuola. Tutto bene, dunque? Forse in questa fase si poteva avere più coraggio da parte di tutti per realizzare una piena autonomia: quest’ultima e una parità non solo formale rappresentano le due gambe per far camminare un sistema scolastico davvero al passo con i tempi e capace di preparare le nuove generazioni ad affrontare le sfide che le attendono. Ci si è dovuti fermare ancora una volta qualche metro prima di questo ambizioso quanto necessario traguardo, complici il timore del cambiamento da una parte e la troppa sicurezza nel proprio agire dall’altra. Eppure, tutto era iniziato nel settembre dello scorso anno nel migliore dei modi, con una consultazione on line, centinaia di dibattti in tutto il Paese, una vasta mobilitazione nelle scuole, la partecipazione attiva e propositiva di sindacati, movimenti e associazioni operanti nel mondo della scuola. Una partecipazione riproposta anche nei vari passaggi parlamentari. Davvero un peccato che tutta questa ricchezza di contributi, si sia infranta sul voto di fiducia a un maxiemendamento al Senato e nella conseguente, sostanziale blindatura del testo nel secondo e decisivo passaggio alla Camera. Ora, però, occorre guardare avanti e curare con molta attenzione le prossime tappe: dalla attuazione delle novità introdotte dalla legge alle diverse deleghe che il provvedimento ha affidato al governo. È la vera sfida che attende ministro, Parlamento e realtà scolastiche. Il cammino della «buona scuola», davvero, è appena iniziato. 
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