venerdì 19 dicembre 2008
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Caro Direttore, nel suo messaggio per la Giornata della pace, il Papa ha sottolineato l’imperativo di combattere la povertà e di costruire la pace, affermando, inoltre, che le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, e specialmente dalle necessità della gente povera. Tante famiglie italiane hanno bisogno di aiuto, di lavoro, ma lo Stato è apatico a tale problema, perché esiste una strutturale incapacità a difendere chi è debole. Concludendo, perché il governo non inserisce nella prossima legge finanziaria questa variante: meno spese per gli armamenti e più contributi di solidarietà sociale alle famiglie bisognose e povere?

Angelo Fani

Ricco, profondo e articolato – secondo lo stile del suo magistero – è il messaggio che Benedetto XVI ha stilato per la Giornata Mondiale della Pace 2009, il cui testo è stato divulgato l’11 dicembre dalla Sala stampa vaticana. Lapidario il titolo: «Combattere la povertà, costruire la pace», dove le due azioni risultano strettamente connesse, secondo una logica che non è solo evangelica ma anche, squisitamente, di realismo e intelligenza politica. La sola logica autenticamente lungimirante nello scenario d’un mondo che sembra voler avviare un nuovo anno ancora pervaso di conflitti grandi e piccoli, di ingiustizie vecchie e irrisolte, anche se non mancano oggettivi segnali di speranza. L’incipit del documento contiene un giudizio cristallino, che «fotografa» l’attuale situazione geopolitica e che può, da solo, fornire sufficiente materiale di riflessione e di azione ai potenti della Terra: «... Già il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1993, aveva sottolineato le ripercussioni negative che la situazione di povertà di intere popolazioni finisce per avere sulla pace. Di fatto, la povertà risulta sovente tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati. A loro volta, questi ultimi alimentano tragiche situazioni di povertà. 'S’afferma... e diventa sempre più grave nel mondo – scriveva Giovanni Paolo II – un’altra seria minaccia per la pace: molte persone, anzi, intere popolazioni vivono oggi in condizioni di estrema povertà. La disparità tra ricchi e poveri s’è fatta più evidente, anche nelle nazioni economicamente più sviluppate. Si tratta di un problema che s’impone alla coscienza dell’umanità, giacché le condizioni in cui versa un gran numero di persone sono tali da offenderne la nativa dignità e da compromettere, conseguentemente, l’autentico ed armonico progresso della comunità mondiale'... In tale prospettiva occorre avere, della povertà, una visione ampia ed articolata. Se la povertà fosse solo materiale, le scienze sociali che ci aiutano a misurare i fenomeni sulla base di dati di tipo soprattutto quantitativo, sarebbero sufficienti ad illuminarne le principali caratteristiche. Sappiamo, però, che esistono povertà immateriali, che non sono diretta e automatica conseguenza di carenze materiali. Ad esempio, nelle società ricche e progredite esistono fenomeni di emarginazione, povertà relazionale, morale e spirituale: si tratta di persone interiormente disorientate, che vivono diverse forme di disagio nonostante il benessere economico». Quanto originale e illuminante è quest’ultima notazione, che fa uscire i pacifismi dalla ristrettezza di visioni parziali per un impegno a tutto tondo: ovvio che occorra limitare sempre più la presenza – e il mercato – delle armi. Ma occorre risalire con sempre maggior decisione alle cause morali di questi fenomeni, ossia al cuore dell’uomo: questo è il messaggio che ci giunge anche dal Natale, un’occasione preziosa per rilanciare a chi di dovere la sua (e nostra) pressante richiesta di una dovuta attenzione alla solidarietà sociale. A cominciare dai responsabili dei nostri bilanci pubblici.

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