mercoledì 14 aprile 2010
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Caro direttore, sono cattolico praticante e lo rimarrò indipendentemente dai risvolti di quanto va emergendo. Credo in Cristo e nella Chiesa. Relativamente alla vicenda della pedofilia non posso che riaffermare quanto da alcuni anni vado dicendo (la vicenda non era ancora esplosa in queste dimensioni): mi scandalizzano di più il silenzio e i tentativi di coprire tali fatti piuttosto che i fatti stessi. Oggi assisto a un tiro a segno contro il Papa e dall’altra a una serie di giustificazioni a volte di difficile comprensione. Perché invece di agire con tattiche diversive, trasferendo il reo da una diocesi o parrocchia all’altra o in Vaticano, in passato non si scelse la via più semplice, quella che toccherebbe a ciascuno di noi, ovvero la denuncia all’autorità giudiziaria? Dove sta scritto che un sacerdote è al di sopra della legge? Perché è questo, che con le giustificazioni che oggi vengono addotte, il messaggio che ci arriva. Ma mi sia consentita un’ultima riflessione: da quando è iniziata questa triste vicenda nelle Sante Messe domenicali non ho mai sentito nella preghiera dei fedeli l’invito a pregare per le vittime di questi aberranti abusi, perpetrati da chi doveva essere di esempio ed portatore di ben altri valori. Anche su Avvenire è apparso l’invito del cardinale Bertone a pregare per i nostri sacerdoti (cosa buona), ma cosa ne dite se la Chiesa si ricordasse anche delle vittime di certi sacerdoti? Cordiali saluti,

Giorgio Fontana, Monticelli d'Ongina (Pc)

Ha ragione, caro signor Fontana: il silenzio sul male della pedofilia è sempre uno scandalo quando è segno di paura o, peggio, di complicità. Se accompagna, invece, un’opera di giustizia e di riparazione, può diventare una benedizione quando a chiederlo è chi – le vittime degli abusi – non vuole subire altre ferite. Credo, insomma, che non c’è un solo tipo di silenzio, ma so che c’è una sola verità sulla pedofilia: è un abominio. Benedetto XVI sta indicando una via decisa e chiara, e la presidenza della Cei l’ha tracciata, per la sua parte, con sollecitudine umana e pastorale: infinita tenerezza verso le vittime, risoluta fermezza nei confronti dei carnefici. So, come lei e come il Papa, che non sempre e non ovunque è stato così. Ma soprattutto spero che d’ora in poi questa non sia solo la regola della Chiesa, bensì di tutte le «società» civili.
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