Partita aspra d'Oriente
venerdì 17 settembre 2021

Quando gli Usa si muovono, le scosse si sentono in tutto il pianeta. Alla regola della superpotenza non ha fatto eccezione Aukus, l’alleanza militare (quella politica era già solida) che Australia, Regno Unito (Uk nella sigla) e Stati Uniti (Us) hanno siglato «per affrontare le minacce del XXI secolo», come recita il comunicato ufficiale, ma in realtà per arginare le ambizioni sempre più vaste della Cina. E di scossoni dobbiamo aspettarne altri, perché il 24 settembre il presidente Biden ospiterà un vertice con Australia, India e Giappone nell’ambito dell’alleanza denominata Quad, creata già nel 2007 e finora mai mobilitata.

Finora, appunto. Cioè fino al momento in cui i leader dei quattro Paesi hanno deciso che era giunta l’ora di agire nei confronti dell’ormai troppo ingombrante gigante asiatico, delle sue mai sopite mire su Taiwan (tanto più sospette dopo la presa definitiva di Hong Kong), della sua sempre più massiccia presenza militare nel Mar Cinese Meridionale (dove passa un terzo del traffico marittimo commerciale del mondo), dei suoi progetti vagamente imperiali (dalla Via della Seta al Filo di Perle) per fare di Pechino il centro dei commerci (e quindi delle strategie) mondiali.

Ma restiamo all’Aukus. Primo scossone: l’irritazione della Cina. Già qualche mese fa Pechino aveva chiarito che cosa pensava dei processi in atto. L’Australia, certo in accordo con gli Usa, si era tirata indietro rispetto ad alcune iniziative della Via della Seta e aveva sbarrato la porta al G5 di Huawey. Allora Pechino abolì dall’oggi al domani l’accordoquadro per il commercio con l’Australia, facendo perdere al dollaro australiano (la Cina è il primo partner commerciale dell’Australia) il 2% del valore in un giorno. Ora la Cina tace ma si sa: più tace, più prepara qualcosa.

Secondo scossone: i rapporti con l’Europa. La Francia ha preso una bastonata, perché l’Australia, aderendo alla nuova alleanza, ha disdetto un accordo da 90 miliardi di euro, già siglato con Parigi, per la produzione di sommergibili a propulsione nucleare. I sommergibili arriveranno per altra via, grazie ad Aukus, e la propulsione nucleare garantirà loro di controllare i movimenti dei cinesi più a lungo e più lontano di quanto avveniva con i sommergibili 'normali'. Il presidente Macron ha parlato di «decisione brutale e unilaterale», il ministro degli Esteri Le Drian di «pugnalata alla schiena».

Entrambi hanno intenzione di portare la questione in sede Ue. Oltre a lamentarsi, però, c’è poco che Francia e Unione possano fare. Se non, forse, provare a capire se dietro ad Aukus e alle sue modalità ci sia anche la ben nota

ostilità degli Usa a qualunque idea di esercito europeo, progetto di cui Macron è da sempre paladino e che nei giorni scorsi ha avuto l’avallo anche di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea.

Terzo scossone, forse retrospettivo. Alla luce di Aukus e dell’imminente rivitalizzazione del Quad, si capiscono meglio anche le mosse dell’amministrazione Biden nei confronti della Russia. A lungo demonizzato, il Cremlino è stato poi ascoltato e, per certi versi, accontentato.

Il gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania è stato completato, l’adesione dell’Ucraina alla Nato rinviata sine die, la campagna sugli onnipresenti hacker russi silenziata. Con Aukus, però, gli Usa ora mandano un messaggio che parla di grande forza politica e militare e di un’intatta volontà di conservare la supremazia globale e di difendere gli alleati. In sostanza, alla Russia dicono: vi conviene davvero stringere ancora i rapporti con la Cina? Siete sicuri che quella sia la strada giusta per il vostro Paese? Perché la Russia è in una strana posizione.


È  difficile, se non impossibile ignorarla, ma non è in grado di competere davvero né con gli Usa né con la Cina. E Biden, anche con Aukus, suggerisce a Putin che forse andare d’accordo con gli Usa e i loro alleati è più conveniente che andare a braccetto con Xi Jinping. La partita a scacchi dunque continua. E queste mosse rendono sempre più chiaro che l’intuizione di Barack Obama, che cercò di spostare sul Pacifico l’asse della politica estera americana, oggi è per gli Usa, quindi per l’Occidente tornato a raccogliersi dietro di loro, una oggettiva necessità.

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