domenica 22 dicembre 2013
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Che cos’è il Natale? La vittoria del­la vita sulla morte, dell’amore sul lutto. Nel giorno di Natale si ricorda 'quel' Natale, è la civiltà dei consumi che tenta (senza riuscirci completa­mente) di trasformarlo nella celebra­zione in ogni casa del natale dei suoi membri. Il Natale è la ricorrenza del­l’evento fondativo della nostra storia. Mi piace ricordare sempre le difficoltà del Manzoni: voleva celebrare con gli Inni sacri gli eventi capitali della sto­ria cristiana, e cosa c’è di più capitale del suo inizio, dell’evento da cui sca­turì, quel Natale? Il "Natale" doveva essere il suo capo­lavoro. Ma non gli riusciva bene, non come voleva. Disperato, scrisse in fon­do all’inno sacro queste parole: «Ce­cidère manus», e cioè «Mi son cadute le mani», non ce l’ho fatta. «Cecidère manus» son le parole con cui Virgilio spiega il fallimento di Dedalo, quan­do voleva dipingere la caduta di suo fi­glio Icaro: prova e riprova, ma alla fi­ne, per il turbamento, gli cadevano sempre le mani. Dopo quel natale, a ri­gore, la morte non c’è più. Un narra­tore cattolico oggi dimenticato, Luigi Santucci, ha una riga che dice: «La morte, questa stupida cosa che non c’è». È una frase natalizia. In questi giorni gira per i nostri cinema un film molto elogiato dalla critica e apprez­zato dal pubblico, che s’intitola Still Life: apparentemente un film sulla morte, in realtà un film della vittoria sulla morte. Tutto incentrato sulla faccia del prota­gonista, l’attore inglese Eddie Marsan. Che lavora in un ufficio di un Comune inglese con strano compito: rintrac­ciare qualche parente, qualche amico, di coloro che muoiono soli. Per lui è u­na gioia quando scopre un figlio o una figlia di un defunto, e riesce a farlo ve­nire al funerale. Se non trova nessuno, al funerale ci va lui. C’è una lunga se­quenza di funerali col morto, il prete e un solo accompagnatore: lui. Poi an­che lui muore, in un incidente strada­le. Ma nessuno va al suo funerale. Dun­que nessuno lo ama? Ma no: sulla sua tomba derelitta vengono, uno dopo l’al­tro, gli spiriti di coloro che lui ha ac­compagnato. Fanno folla. Lo circon­dano. È una soluzione "dantesca": la morte non è la fine, il premio può ve­nire anche dopo. Basta meritarlo.
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