mercoledì 3 giugno 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​Le chiacchiere stanno a zero. E le polemiche pure. Bisognava solo aspettare. Attendere che i diversi sistemi di rilevazione - l’uno basata sul numero dei contratti sottoscritti, l’altra di rilevazione su un campione di cittadini – maturassero secondo i propri tempi perché alla fine raccontassero la stessa storia. L’occupazione sta effettivamente aumentando. Grazie soprattutto agli incentivi fiscali ai contratti a tempo indeterminato (da gennaio), l’entrata in vigore delle norme sulle tutele crescenti (da marzo) e nell’ultimo mese dalla ripresa dell’attività economica segnalata sia dall’incremento del Pil che dei prezzi. Non era propaganda del governo, dunque, il registrare l’incremento dei contratti, la trasformazione delle collaborazioni in rapporti più stabili e non si tratta solo della fine dell’utilizzo dei contratti a termine che, pur rincarati nel loro costo, continuano a essere sottoscritti perché la situazione economica resta incerta e – con incentivi o senza, con articolo 18 oppure senza – le imprese assumono a tempo indeterminato solo quando hanno una percezione di stabilità di produzione e vendite. Il punto vero resta questo: quando è forte la ripresa? E più ancora: quanto sono stabili le previsioni di crescita? Finora infatti l’incremento dell’occupazione di 261mila ad aprile rispetto a un anno fa è sì un grande passo, ma il traguardo di recuperare il milione di posti di lavoro persi dall’inizio della crisi resta lontano. Per arrivarci occorre consolidare il trend di crescita e sperare in un costante miglioramento. Per questo il governo ha messo in conto di prolungare anche per il 2016 gli incentivi alle assunzioni. Ma occorrerà trovare il modo – bilancio pubblico permettendo – di far calare stabilmente il costo del lavoro, vera zavorra che frena la crescita. Tutto il resto sono chiacchiere che stanno a zero. E soprattutto non fanno occupazione.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: