L’atleta che ha voluto ripetere la stoccata assegnata per sbaglio
giovedì 23 febbraio 2023

È successo nella Coppa del mondo Under 20 a Beauvais: la nostra spadista Mariaclotilde Adosini batte l’avversaria con una stoccata in più, assegnata dall’arbitro. Potrebbe incassare la vittoria e chiudere lì. Ma lei sa che non sarebbe giusto: quella stoccata lei non l’ha vinta. Anche l’arbitro lo ha capito, poi. E le propone di tornare indietro e rigiocare l’ultimo colpo. Lei accetta, ed ecco la fatalità: stavolta perde. Ha fatto bene a rigiocare? Ha fatto male? Secondo me, ha fatto bene.

È bello vincere, ma solo se si merita di vincere. La nostra spadista aveva vinto, ma non era sicura di aver meritato di vincere, e il “trofeo” della sua vittoria le avrebbe ricordato non la vittoria, ma l’usurpazione della vittoria. Entrando in casa, ogni volta che avesse visto quel trofeo avrebbe pensato: “Ecco ciò che non meritavo”. Ci ha rinunciato, e la rinuncia è una prova di orgoglio.

Una grande prova. Quando si scriverà l’albo dei vincitori di quel premio, Mariaclotilde non sarà tra i vincitori, ma in una nota a piè di pagina ci sarà il suo nome con la sua rinuncia. E questo non è più memorabile? Un premio potenzia il nome del vincitore, la lista dei vincitori è un elenco di grandi nomi, ma tra questi grandi ci sono poi i più grandi, che hanno fatto o ottenuto qualcosa di più, oltre che vincere. Si cita spesso il premio Nobel. Ma tra i vincitori del premio Nobel c’è un nome che galleggia sugli altri, perché ha vinto quel premio, ma non si sa se può essere messo tra i vincitori: l’ha vinto ma l’ha rifiutato.

Ed è il nome di Jean-Paul Sartre. Se devo esser sincero, non mi sono mai state chiare le ragioni del rifiuto, e continuo a pensare che rifiutare quel premio fosse un modo per distinguersi tra i vincitori, cioè per collocarsi in un limbo di supervincitori. Tutti conoscono Sartre per quel rifiuto, non tutti conoscono Albert Camus per averlo vinto.

Mariaclotilde aveva vinto il titolo mondiale di spadista, le telecamere e gli osservatori così la giudicavano. Ma lei si è messa al di sopra degli osservatori, e ha voluto o ha accettato di rigiocare, finché ha perso. È molto giovane, ha un visino da ragazzina ingenua e perciò sincera. Interrogata adesso su quel che ha fatto, se è pentita o no, risponde: « Lo rifarei sempre, perché è giusto così». Questa convinzione è una forza. E può darsi che per quella forza, in realtà, lei abbia vinto.

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