mercoledì 3 novembre 2010
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Caro direttore,sono un parroco di una parrocchia di periferia della città di Milano e domenica 14 novembre nella nostra diocesi c’è la giornata di promozione del "nostro" giornale. Oggi, martedì 2 novembre, ho sentito il presidente del Consiglio invitare esplicitamente a «non leggere più i giornali». A questo punto temo di essere denunciato. Ma in realtà temo di più una società dove le persone (seguendo i consigli di certa gente) non leggono più e si formano con i reality-show. Ma noi come Chiesa non abbiamo niente da dire? Ci scaldiamo solo se ci toccano l’embrione? Non c’è in ballo anche qui la dignità dell’essere umano?

don Ambrogio Basilico, Milano

Non abbia timori, caro don Ambrogio. Lei sa bene che Avvenire c’è per dire della realtà dell’Italia e del mondo e per essere ascoltato da chi non si accontenta di slogan e invettive d’occasione. Sa che lo fa con la chiarezza e la carità necessarie, senza amnesie e cedimenti. E sa che si "scalda" ogni volta che c’è in ballo ciò che vale davvero: dalla tutela della vita umana appena concepita alla difesa di chi è discriminato e perseguitato per la sua pelle o per la sua origine, dalla battaglia per la libertà di fede, di coscienza e di educazione all’affermazione dei diritti e dei doveri di chi lavora e fa impresa, dall’indicazione della via a una finanza pulita e non rapace alla resistenza di fronte ai profeti del nulla e agli "ingegneri" dell’anti-famiglia, dal rispetto più assoluto della dignità di ogni donna e di ogni uomo alla dimostrazione della possibilità di un giornalismo responsabile eppure mai inchinato ai "poteri forti" della politica e dell’economia. Per questo facciamo il nostro giornale, e lo facciamo liberamente e dichiaratamente da cattolici. Per questo, caro e reverendo amico, diciamo a tutti che oggi essere informati è più che mai un "dovere" umano e civile: leggete, e soprattutto leggeteci. Marco Tarquinio
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