Nessuno è perduto neanche i mafiosi
mercoledì 25 gennaio 2017

Il Papa e la via della conversione e della misericordia Con il nuovo appello rivolto lunedì ai mafiosi «affinché si fermino, smettano di fare il male, si convertano e cambino vita», il Papa continua a mostrare agli uomini e alle donne del nostro tempo anche gli aspetti più estremi dell’insondabile misericordia di Dio. «Non dimentichiamolo mai: non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare. Nessuno», disse Francesco il 12 marzo 2015, ai partecipanti al Corso sul foro interno promosso a Roma dal Tribunale della Penitenzieria.

E il mefitico terreno dei peccati - che sono anche crimini, tutti gravissimi - derivanti dall’appartenenza mafiosa è sicuramente uno dei più indicati per dare un’idea di tale estensione. Poche aberrazioni umane sono infatti così odiose (anche all’opinione pubblica generale) e così alternative al disegno d’amore di Dio come i misfatti compiuti in nome e per conto di mafia, camorra e ’ndrangheta. In tal modo, dunque, sembra che Francesco abbia voluto testare sui confini più esterni dell’universo della misericordia una delle affermazioni centrali del suo magistero. Non è infatti la prima volta che ne parla. Il 20 marzo 2014, incontrando i familiari delle vittime, così si rivolse ai carnefici: «Convertitevi, lo chiedo in ginocchio. È per il vostro bene. Ancora c’è tempo per non finire all’inferno: è quello che vi aspetta se continuate su questa strada». Tre mesi, dopo, in Calabria, un nuovo monito, forse il più severo mai pronunciato da un Papa: «La mafia è adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati».

Infine a Napoli il 21 marzo 2015, nuovamente l’accorato invito a cambiare vita: «Ai criminali e a tutti i loro complici oggi io umilmente, come fratello, ripeto: convertitevi all’amore e alla giustizia. Lasciatevi trovare dalla misericordia di Dio Siate consapevoli che Gesù vi sta cercando per abbracciarvi, per baciarvi, per amarvi di più. Con la grazia di Dio, che perdona tutto e perdona sempre, è possibile ritornare a una vita onesta». Preghiere, appelli, inviti che se da un lato testimoniano la volontà di raggiungere e illuminare con il Vangelo anche le squallide 'periferie' del crimine organizzato, dall’altro dimostrano la miopia di un certo riduzionismo mediatico, che fa corrispondere l’accento posto sul perdono alla derubricazione della gravità del peccato (è avvenuto di recente anche quando Francesco ha concesso a tutti i sacerdoti la facoltà di rimettere il peccato di aborto). In nessun caso, invece, l’invito di Francesco a lasciarsi toccare il cuore da Dio è sganciato dalla denuncia della gravità di certi comportamenti.

E il costante riferimento al male, all’inferno, all’opera del diavolo (citato anche nel discorso alla Direzione nazionale antimafia di due giorni fa) sta lì a testimoniarlo. In realtà il Papa della misericordia è anche il Pontefice che sta aiutando la disorientata coscienza contemporanea a ritrovare il senso del peccato, di cui alla luce della Parola non si stanca di segnalare i devastanti effetti sulla natura umana e sulla società. E in effetti solo quando il Figliol Prodigo acquisisce la chiara consapevolezza del suo peccato, trova anche la forza per ritornare verso l’abbraccio misericordioso del Padre. Così il messaggio che giunge ancora una volta chiaro e forte dall’appello di lunedì ai mafiosi è al tempo stesso una bella notizia e un monito per tutti. «Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare», è vero.

Ma come ha ricordato sempre lunedì Francesco, nella Messa di Santa Marta, c’è anche «l’imperdonabile bestemmia» costituita dal «non lasciarsi perdonare». Chi si sottrae al sole, infatti, non può essere illuminato, né riscaldato. Vale per i mafiosi, ma – mutatis mutandis – per ogni peccatore. Perché se la misericordia, come l’acqua di una fontana, è offerta a chiunque, la scelta di abbeverarsi spetta solo alla intangibile – anche per Dio – libertà dell’uomo.

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